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L’assemblaggio del satellite Plato (Planetary Transits and Oscillations of stars), il cercatore di esopianeti terrestri in orbita attorno a stelle simili al Sole, sviluppato dall’Esa nell’ambito del suo programma esplorativo Cosmic Vision, si avvia alle fasi finali. Negli stabilimenti di Oberpfaffenhofen, gli ingegneri dell’azienda aerospaziale europea con sede in Germania Ohb hanno unito le due parti principali del velivolo: la struttura base, o modulo di servizio (service module), con il modulo di carico (payload module). Sul modulo di servizio sono montati i sistemi di propulsione, assetto, controllo termico e comunicazione del satellite-telescopio, oltre alle protezioni dalla luce solare. Il modulo di carico ospita invece il sistema esplorativo, composto da 26 fotocamere ad altissima definizione che rappresentano il cuore della sonda.
Sarà grazie a questi potenti occhi elettronici che l’Esa scruterà il cosmo in cerca di pianeti rocciosi in orbita attorno a stelle di classe II, quindi del tipo spettrale che va da F5 a K7, nella cosiddetta ‘fascia della vita’: la distanza dalla stella madre necessaria per consentire all’acqua di scorrere liquida in superficie, senza congelare o evaporare.
Le fotocamere lavoreranno in modo coordinato, andando a formare nell’insieme un multi-telescopio in grado di individuare esopianeti ed esolune rocciose, determinandone le dimensioni, la massa e l’età con soprendente accuratezza. Oltre ai pianeti, Plato analizzerà anche le stelle che li ospitano, con il fine di offrire un quadro più generale del sistema planetario in esame.
Per ottenere i dati, 24 fotocamere osserveranno stelle con magnitudine superiore a 8, completando un’immagine ogni 24 secondi; le restanti due punteranno invece le stelle con magnitudine tra 4 e 8, quindi meno luminose, ma sono in grado di fare elaborazioni molto veloci, riuscendo a generare un’immagine totale in soli 2,5 secondi.
Con una sola tornata di scansioni, Plato saprà scrutare un’area grande diecimila volte quella occupata dalla Luna piena nel cielo notturno, per individuare gli esopianeti userà il metodo del transito.

Il modulo di carico (payload module) di Plato, con le 24 fotocamere standard disposte in quattro gruppi da sei, più le due ad alta velocità, visibili in cima
(Crediti: Esa)
Le fotocamere, costruite da Leonardo a Campi Bisenzio, hanno un diametro di venti centimetri ciascuna e utilizzano sei lenti fatte di cinque diversi tipi di vetro, per offrire la massima adattabilità. Queste sofisticate tecnologie, superiori a tutte quelle adottate fino a oggi, sono state ideate e progettate da un team italiano con la partecipazione di Svezia e Svizzera, coordinato dall’Inaf e finanziato dall’Agenzia Spaziale Italiana. Al progetto hanno collaborato anche i ricercatori dell’Università di Padova e dello Space Data Center dell’Asi.
Ora che le due parti del satellite sono state finalmente unite a formare un corpo unico, si procederà con i controlli di rito necessari ad assicurare che le operazioni di assemblaggio non abbiano provocato danni e che ogni strumento sia ancora perfettamente integro e funzionante. A seguire, inizieranno i test per certificare che Plato sia idoneo allo stress del lancio e abbia tutte le condizioni sufficienti per resistere alle condizioni di vuoto spaziale. Se tutto andrà bene, come previsto, si potrà finalmente trasportarlo alla piattaforma dello spazioporto dell’Esa in Guiana Francese, dove verrà messo in orbita nel dicembre 2006 utilizzando un lanciatore Ariane 6.
Foto in apertura: Un momento dell’operazione di unione delle componenti di di Plato, la parte su cui sono montate le fotocamere viene sollevata per sovrapporla al modulo di servizio
Crediti: Esa – M. Pédoussaut