I gelidi mari di Titano nascondono un mistero: la superficie liquida sembra spumeggiare. Le immagini ci mostrano un andirivieni di elementi che appaiono e scompaiono. Potrebbe trattarsi di bolle? Lo pensano Daniel Cordier e Gérard Liger-Belair, due scienziati dell’Università di Reims Champagne-Ardenne, Francia, determinati a scoprire come possano essersi generate le bolle nel peculiare ambiente marino.
Avvistato per caso nel 1655 dall’astronomo olandese Christiaan Huygens durante l’osservazione degli anelli di Saturno, Titano è la luna più grande del “Signore degli anelli” e, a causa della somiglianza alla Terra, è uno dei target preferiti dagli studiosi. La sonda Cassini ha scandagliato a fondo Saturno e le sue lune, ma non ha potuto sciogliere l’enigma dei mari di Titano, piuttosto astrusi. Sarà che sono tossici, composti da idrocarburi, e lambiscono spiagge ghiacciate immerse in una atmosfera di azoto, alla disagevole temperatura di -180° gradi Celsius.
Dapprima, sul nordico Mare Ligeia, era apparsa la “magic island”, una zona chiara sulla superficie. La forma appariva e scompariva dalle osservazioni radar. Cordier and Liger-Belair avevano deciso di iniziare i loro studi dalla “magic island”, ritenuta una formazione di bolle. Per gli studiosi, si tratterebbe di azoto, originariamente dissolto nella distesa liquida di metano ed etano, che dal fondo risale in superficie. Secondo i calcoli e le simulazioni di Cordier and Liger-Belair, sarebbe il fenomeno della nucleazione eterogenea a portare le bolle a formarsi a decine di metri di profondità, a contatto con il fondo marino o con sedimenti e particelle, per poi risalire, in colonna, aggregandosi e raggiungendo dimensioni di almeno due centimetri, rilevabili dal radar.