‘Perturbazioni’ costanti investono il primo pianeta del Sistema Solare che, pur avendo un’atmosfera molto sottile, mostra un singolare andamento ‘meteo’ e, al mattino, è investito da ‘rovesci’ di meteoroidi, provenienti da due tipologie di comete (quelle gioviane e quelle tipo Halley). E’ quanto afferma uno studio condotto sui dati della sonda Messenger (Mercury Surface, Space Environment, Geochemistry and Ranging) della Nasa e coordinato dal Goddard Space Flight Center. La ricerca è stata illustrata nell’articolo “Reconciling the Dawn–Dusk Asymmetry in Mercury’s Exosphere with the Micrometeoroid Impact Directionality”, pubblicato su The Astrophysical Journal Letters. Il gruppo di lavoro si è servito di modelli informatici con cui è stato simulato l’impatto dei meteoroidi sull’atmosfera di Mercurio e da cui è emerso il singolare andamento di queste ‘piogge’ che si presentano in determinate ore del giorno mercuriano. Il modelli hanno integrato le osservazioni di Messenger, che hanno messo in evidenza come i piccoli frammenti arrivino sul pianeta da specifiche direzioni.

In particolare, gli studiosi hanno utilizzato i dati dello spettrometro Mascs (Mercury Atmosphere and Surface Composition Spectrometer) della sonda, che ha svelato gli effetti dei meteoroidi sull’atmosfera sottile del pianeta, definita esosfera. La presenza di calcio e magnesio nell’esosfera è più elevata quando Mercurio si trova all’alba: un dato indicativo del fatto che gli impatti dei meteoroidi sono più frequenti in una determinata fase del giorno del pianeta. Questa particolarità, secondo gli esperti, si deve ad una combinazione di fattori: la lunghezza del giorno del pianeta, rispetto al suo anno, e la direzione in cui si muovono molti meteoroidi, che viaggiano in direzione contraria a quella dei pianeti. Dato che Mercurio ruota molto lentamente, la parte della sua superficie che si trova all’alba rimane esposta per un tempo estremamente lungo al flusso di uno dei principali gruppi di meteoroidi che affollano il Sistema Solare.

Questa ‘famiglia’, le meteoroidi retrograde, orbita intorno al Sole in senso contrario a quello dei pianeti, che, come nel caso di Mercurio, vengono colpiti con più forza di quanto sarebbe avvenuto se tali frammenti si fossero mossi nella stessa direzione. Questa ‘compagnia’ di meteoroidi comprende anche esemplari derivanti dalla disintegrazione di comete. Secondo gli autori del paper, i frammenti che raggiungono la velocità necessaria per risultare coerenti con i dati osservati da Messenger e con le simulazioni sono quelli originati da due specifiche categorie di comete, quelle gioviane e quelle tipo Halley. Queste ‘docce’ quotidiane avrebbero quindi contribuito a plasmare l’esosfera di Mercurio. Messenger, che ha terminato la sua vita tecnica schiantandosi sulla superficie del pianeta più interno del Sistema Solare il 30 aprile 2015, era stata lanciata il 3 agosto 2004 da Cape Canaveral ed era arrivata a destinazione dopo quasi sette anni di viaggio, il 18 marzo 2011. In precedenza, solo un’altra sonda aveva fatto visita a Mercurio: si tratta di Mariner 10 della Nasa, che nel 1974 e nel 1975 aveva effettuato due fly-by. A raccogliere il testimone di Messenger e proseguire lo studio sul piccolo pianeta roccioso sarà nel 2018 la missione Bepi Colombo, che vede l’Italia, tramite l’Agenzia Spaziale Italiana, coinvolta con un contributo scientifico di alto livello.