Un satellite non più grande di una pagnotta di pane ha prodotto la prima mappa del ghiaccio atmosferico mai realizzata. Stiamo parlando di IceCube, il piccolo cubesat della Nasa rilasciato lo scorso maggio dalla Stazione Spaziale Internazionale che per otto mesi ha analizzato l’atmosfera terrestre. Riuscendo così a fornirci una mappa della distribuzione globale di ghiaccio nella cosiddetta banda 883-Gigahertz, una frequenza fondamentale nella lunghezza d’onda submillimetrica per quanto riguarda lo studio del clima sulla Terra.

Il nanosatellite, che ospita un radiometro sviluppato dall’azienda statunitense Virginia Diodes Inc., è in grado di misurare le proprietà del ghiaccio nelle nubi atmosferiche a un’altezza compresa tra 5 e 15 chilometri. “Con IceCube – commenta Dong Wu del Goddard Space Flight Center della Nasa – gli scienziati possiedono un radiometro submillimetrico nello spazio a un prezzo commerciale. Ma la cosa più importante è che questo satellite ci offre una visione globale della distribuzione di ghiaccio nelle nubi terrestri.”

La presenza di cristalli di ghiaccio nell’atmosfera del nostro pianeta è nota da tempo, ad esempio a seguito delle osservazioni dello strumento Epic (Earth Polychromatic Imaging Camera) montato a bordo del satellite Dscovr (Deep Space Climate Observatory) della Nasa, lanciato in orbita nel 2015. Ciò che invece sappiamo meno è l’effetto di questi frammenti di ghiaccio sul clima terrestre: un aspetto che sarà approfondito grazie alla mappa fornita da IceCube e da missioni future come Ace (Aerosol-Cloud-Ecosystems). Il successo di IceCube è anche un’ulteriore prova del fatto che i piccoli satelliti come i cubesat giocano un ruolo sempre più determinante nell’osservazione terrestre e nell’esplorazione spaziale.