Un’uscita di scena fuori misura in sintonia con la stazza extra large che l’aveva caratterizzata nella sua esistenza millenaria: è il finale capitato ad una stella più massiccia del Sole di oltre 25 volte, che ha dato luogo a fenomeni di particolare interesse per la comunità scientifica, impegnata ad aggiungere nuovi tasselli alle fasi conclusive della vita stellare. L’oggetto celeste over-size non solo ha prodotto un genere più potente di supernova, definito ipernova, ma anche l’emissione di un lampo di raggi gamma (Grb, gamma ray burst) tra i più vicini ad essere osservati: non c’è da stupirsi, quindi, che tale astro sia il protagonista di uno studio appena pubblicato su Nature (articolo: “Signatures of a jet cocoon in early spectra of a supernova associated with a γ-ray burst”). L’indagine è stata condotta da un gruppo di lavoro internazionale che annovera alcuni ricercatori italiani, a partire dal primo autore Luca Izzo, ricercatore dell’Istituto di Astrofisica dell’Andalusia e associato presso l’Osservatorio di Capodimonte dell’Istituto Nazionale di Astrofisica; hanno preso parte allo studio anche astronomi degli Osservatori Inaf di Brera, di Monte Porzio Catone e di Bologna.

Risale al 1998 la prima identificazione di un’ipernova, indicata come un genere di supernova dotato di un’energia da 5 a 50 volte superiore rispetto alle ‘colleghe’ usuali e associato all’emissione di un Grb; si trattava della prima evidenza della connessione tra i due fenomeni. Questo scenario è stato proposto per spiegare quanto accaduto all’astro over-size in questione che, dopo aver finito il ‘carburante’, è collassato in maniera particolarmente teatrale. Durante il collasso, spiegano gli studiosi, il nucleo della stella può trasformarsi in una stella di neutroni o in buco nero, mentre nello stesso tempo si verifica l’espulsione di due getti polari di materiale, che si fanno largo tra gli strati esterni dell’astro e, una volta fuori, producono un lampo di raggi gamma. Successivamente, in seguito all’espulsione di tali strati esterni, si genera l’ipernova, un’esplosione di singolare intensità e brillantezza (in alto, un’elaborazione artistica – credits: Anna Serena Esposito).

La connessione tra Grb e ipernove è oramai nota, mentre non è ancora molto chiaro come mai vi siano ipernove senza emissione di raggi gamma. Tuttavia, la scoperta del Grb 171205A, individuato il 5 dicembre 2017 in una galassia a 500 milioni di anni luce dalla Terra e associato all’ipernova Sn 2017iuk, ha consentito di trovare l’anello mancante tra i due sottoinsiemi di ipernove tramite la scoperta di un componente aggiuntivo. Si tratta di una sorta di bozzolo caldo, che si è formato intorno al getto quando esso si propaga attraverso gli strati esterni della stella progenitrice; il getto, sostengono gli astronomi, trasferisce una parte significativa della sua energia al bozzolo e, se riesce ad oltrepassare la superficie della stella, darà origine all’emissione di raggi gamma. Se invece il getto non riesce ad emergere dagli strati esterni, all’ipernova non sarà associato il Grb. Le osservazioni del fenomeno, che hanno aperto uno spiraglio sui primi passi delle ipernove, sono state condotte con una ‘squadra’ di osservatori spaziali e di terra, tra cui il Neil Gehrels Swift della Nasa, il Gran Telescopio Canarias presso l’Osservatorio del Roque de los Muchachos e il Vlt dell’Eso.