Il 2025 ha segnato il quinto anniversario dalla prima firma degli Artemis Accords, il quadro multilaterale promosso dalla Nasa per regolamentare il futuro dell’esplorazione spaziale. Tutto è iniziato nell’ottobre 2020, con un accordo siglato da otto paesi: Stati Uniti, Australia, Canada, Giappone, Lussemburgo, Emirati Arabi Uniti, Regno Unito e Italia.
A distanza di cinque anni, gli Artemis Accords contano firmatari da ogni continente, dai grandi attori spaziali agli Stati con programmi emergenti, come Malesia e Filippine, che hanno aderito negli ultimi mesi. Ad oggi, sono 59 le nazioni firmatarie, un numero probabilmente destinato ad aumentare ancora nei prossimi anni.
Ma a che cosa servono esattamente gli accordi Artemis? Per rispondere a questa domanda, un buon punto di partenza è il titolo stesso del documento siglato dai paesi che hanno aderito: “Principi per la cooperazione nell’esplorazione civile e nell’uso della Luna, di Marte, delle comete e degli asteroidi a scopi pacifici”. Vediamo dunque questi principi, che sono dieci.
Il primo principio affonda le sue radici nel Trattato sullo Spazio Extra-atmosferico del 1967, e riguarda gli scopi pacifici dello spazio: tutte le attività spaziali devono essere condotte esclusivamente per fini pacifici e nel rispetto del diritto internazionale. A questo si affianca il principio di trasparenza, con la condivisione delle informazioni sulle missioni spaziali nazionali, secondo le regole dei singoli Paesi. L’interoperabilità è il terzo principio: ovvero, cooperare nello spazio significa garantire che sistemi e tecnologie siano compatibili, aumentando la sicurezza e l’efficacia delle operazioni. L’assistenza in caso di emergenza rappresenta il quarto principio, con l’impegno a soccorrere astronauti e persone in difficoltà nello spazio. Segue la registrazione degli oggetti spaziali, fondamentale per tracciare veicoli e ridurre il rischio di interferenze. Il sesto principio è la condivisione dei dati scientifici, che permette alla comunità globale di beneficiare dei risultati delle missioni spaziali dei singoli paesi. Il settimo principio riguarda invece la protezione del patrimonio spaziale, preservando ad esempio veicoli e strumenti, mentre l’ottavo principio afferma che l’uso delle risorse spaziali debba essere sostenibile e a beneficio dell’umanità. Infine, i due ultimi principi riguardano la prevenzione dei conflitti, che stabilisce l’impegno a evitare interferenze nocive tra missioni spaziali, e la gestione dei detriti orbitali, essenziale per mantenere lo spazio sicuro e sostenibile per tutti.
I dieci principi degli Artemis Accords costituiscono dunque una cornice teorica fondamentale per uno spazio pacifico, equo e collaborativo. Ma siamo ancora lontani dall’avere a disposizione un sistema operativo globale, coordinato e soprattutto vincolante. Gli Artemis Accords rientrano infatti in un quadro di dichiarazione di intenti, ancora difficile da tradurre in regole chiare e applicabili in modo univoco.
Negli ultimi anni, le missioni verso il nostro satellite si sono moltiplicate: governi, agenzie spaziali e operatori privati stanno trasformando orbita e superficie lunare in un ambiente operativo complesso. L’avvio di infrastrutture commerciali, lander robotici e satelliti di supporto segna un cambiamento di paradigma: la Luna diventa un laboratorio internazionale in cui coesistono ricerca e tecnologia, ma anche interessi economici. E, come mostrano diversi studi più recenti, la gestione del traffico cislunare è tutt’altro che semplice.
La sfida, dunque, non è più solo tecnologica. Il problema principale è diventato, e sempre più diventerà in futuro, governare uno spazio affollato e frammentato, dove la sicurezza, la trasparenza e la gestione dei rischi dipendono di fatto in gran parte dalla buona volontà dei singoli paesi.
Cinque anni dopo la loro nascita, gli Artemis Accords rappresentano quindi un primo passo verso un futuro regolato nello spazio, ma il vero test sarà nei prossimi anni, quando la Luna diventerà davvero un ecosistema operativo complesso, popolato da astronavi, satelliti e basi permanenti, dove la cooperazione sarà più necessaria che mai.




