Uno studio dell’Università di Boston suggerisce un nuovo modo per andare a caccia di forme viventi su mondi distanti. I risultati su Nature Astronomy
Il 9 gennaio 1992, gli astronomi annunciarono un’importante scoperta: due pianeti orbitanti intorno a una pulsar a 2.300 anni luce dal nostro Sole. I due pianeti, in seguito chiamati Poltergeist e Draugr, furono i primi “esopianeti” confermati – mondi al di fuori del nostro Sistema Solare, che orbitavano attorno ad una stella lontana. Ad oggi sono 3.728 gli esopianeti confermati in 2794 sistemi, e la domanda che si pongono gli scienziati continua ad essere la stessa: c’è qualcun altro là fuori? Per decenni, gli astronomi hanno cercato questi lontani pianeti extrasolari alla ricerca di segni di vita, cercando soprattutto la molecola più essenziale, l’acqua. Ma in un articolo pubblicato su Nature Astronomy il 12 febbraio 2018, un team di scienziati dell’Università di Boston suggerisce di spostare l’attenzione sulla ionosfera di un esopianeta, il sottile strato superiore di atmosfera, che sfreccia con particelle cariche. “Trova uno come la Terra” – dicono – ”pieno di ioni di ossigeno e hai trovato la vita. O, almeno, la vita come la conosciamo”.
Il loro lavoro è iniziato quando, a seguito di una sovvenzione dalla National Science Foundation (NSF), hanno confrontato tutte le ionosfere planetarie nel Sistema Solare – tranne Mercurio, che è così vicino al Sole che è praticamente privo di atmosfera. Contemporaneamente, il team stava anche lavorando alla missione MAVEN della NASA, cercando di capire come le molecole che componevano la ionosfera di Marte fossero ‘scomparse’ da quel pianeta. Fin dai primi anni dell’era spaziale, gli scienziati hanno scoperto che le ionosfere planetarie differiscono notevolmente tra loro e il team della Boston University ha iniziato a concentrarsi sul perché fosse così, e perché la Terra era ed è così diversa. Mentre altri pianeti riempiono le loro ionosfere di complesse molecole derivanti dal biossido di carbonio o dall’idrogeno, la composizione dell’atmosfera terrestre è più semplice, con la maggior parte dell’ossigeno che riempie lo spazio. Ed è un tipo specifico di singoli atomi di ossigeno con una carica positiva. “Ho iniziato a pensare, come mai la nostra ionosfera è diversa dalle altre sei?” ricorda Michael Mendillo, a capo dello studio. Il team ha studiando numerose possibilità per l’alta concentrazione terrestre di O + prima di trovare i veri ‘colpevoli’: piante verdi ed alghe. “È perché abbiamo questo ossigeno atomico che riconduce la sua origine alla fotosintesi”, dice Mendillo. “Abbiamo ioni di ossigeno atomico, O +, nella ionosfera come diretta conseguenza dell’avere la vita”.
Nella maggior parte dei pianeti nel nostro Sistema Solare è possibile trovare tracce di ossigeno nelle loro atmosfere più basse, ma la Terra ne ha molto di più, circa il 21%. Questo perché tanti organismi sono stati impegnati a trasformare la luce, l’acqua e il biossido di carbonio in zucchero e ossigeno – il processo chiamato fotosintesi – negli ultimi 3,8 miliardi di anni. “Distruggi tutte le piante sulla Terra e l’ossigeno della nostra atmosfera svanirà nel giro di migliaia di anni”, dice Withers, che osserva che tutto questo ossigeno esalato dalle piante non si attacca solo alla superficie terrestre. “Per la maggior parte delle persone, l’O2, l’ossigeno che respiriamo, non è una molecola molto eccitante. Per i chimici, tuttavia, l’O2 è una bestia selvaggia, esilarante e pericolosa, ma non rimane ferma, reagisce chimicamente con quasi qualsiasi altra molecola che può trovare e lo fa molto rapidamente”. Sulla Terra oggi, le molecole di ossigeno in eccesso, sotto forma di O2, galleggiano verso l’alto. Quando l’O2 raggiunge circa i 150 chilometri sopra la superficie terrestre, la luce ultravioletta la divide in due. I singoli atomi di ossigeno galleggiano più in alto, nella ionosfera, dove più luce ultravioletta e raggi X dal Sole strappano gli elettroni dai loro gusci esterni, lasciando l’ossigeno caricato che sfreccia nell’aria. L’abbondanza di O2 vicino alla superficie della Terra, così diversa dagli altri pianeti, porta ad un’abbondanza di O + in alto nel cielo. Questa scoperta, dice Mendillo, suggerisce che gli scienziati in cerca di vita extraterrestre potrebbero forse restringere la loro area di ricerca. Attualmente, la maggior parte degli scienziati in questa ricerca si concentra sulle stelle di classe M – la più abbondante nella galassia – e sui pianeti che le circondano nella “zona abitabile”, dove potrebbe esistere l’acqua.