Lanciato l’11 marzo scorso, Spherex (Spectro-Photometer for the History of the Universe, Epoch of Reionization and Ices Explorer) ha ufficialmente ‘aperto gli occhi’ sull’universo e sta funzionando come previsto. Le prime immagini inviate dall’osservatorio, non ancora calibrate per l’analisi scientifica, confermano che il telescopio è perfettamente focalizzato, un aspetto cruciale dato che la messa a fuoco viene stabilita prima del lancio e non può essere modificata una volta nello spazio.
Ogni punto luminoso nelle immagini, elaborate con tonalità arcobaleno per rappresentare una gamma di lunghezze d’onda nell’infrarosso, rappresenta una sorgente di luce come una stella o una galassia. Ogni esposizione è in grado di rilevare oltre 100mila sorgenti luminose, un risultato straordinario che evidenzia le capacità del telescopio. L’osservatorio opera nella banda dell’infrarosso, invisibile all’occhio umano, ed è progettato per mappare l’intero cielo per ben quattro volte nel corso della sua missione primaria di due anni. A differenza di telescopi come Hubble e James Webb, che osservano regioni ristrette dello spazio per ottenere immagini dettagliate, Spherex è un telescopio da survey, capace di catturare ampie porzioni del cielo fino a coprire un’area circa 20 volte più grande della Luna piena, in una sola esposizione.
Grazie ai suoi sei rivelatori, ognuno con 17 bande di lunghezze d’onda infrarosse, l’osservatorio può scomporre la luce in diversi colori, 102 per l’esattezza, permettendo di analizzare la composizione degli oggetti celesti e la distanza delle galassie. Durante le operazioni scientifiche di routine, il cui inizio è previsto per la fine di aprile, il telescopio effettuerà circa 600 esposizioni al giorno, costruendo un’immagine dettagliata dell’universo su scale mai viste prima.

Ognuna di queste immagini contiene circa 100mila sorgenti luminose, tra cui stelle e galassie. I due inserti a destra ingrandiscono sezioni di un’immagine, mostrando la capacità del telescopio di catturare galassie deboli e distanti. Crediti: Nasa/Jpl-Caltech
Grazie alla spettroscopia, la tecnica utilizzata dal telescopio per analizzare la luce raccolta, Spherex studierà fenomeni che spaziano dalle primissime frazioni di secondo dopo il Big Bang alla distribuzione del ghiaccio e dell’acqua nella nostra galassia. In particolare, un obiettivo chiave della missione è ottenere nuove informazioni sull’Epoca della Reionizzazione, un periodo cruciale della storia cosmica in cui le prime stelle e galassie hanno iniziato a ionizzare l’idrogeno neutro, trasformando l’universo da un ambiente opaco al cosmo trasparente che conosciamo oggi.
Nelle ultime due settimane, scienziati e ingegneri del Jet Propulsion Laboratory, ente che gestisce la missione per conto della Nasa, hanno completato una serie di test per verificare il corretto funzionamento della navicella. I controlli hanno inoltre confermato che rivelatori e altri componenti hardware di Spherex si stanno raffreddando fino a una temperatura di circa -210°C. Un aspetto essenziale questo, poiché il calore potrebbe compromettere la capacità del telescopio di rilevare la luce infrarossa.
In apertura: una delle prime esposizioni di Spherex, acquisita il 27 marzo. Alle immagini sono stati aggiunti i colori della luce visibile per rappresentare le lunghezze d’onda dell’infrarosso. Il campo visivo completo di Spherex copre le tre immagini superiori; la stessa area del cielo è ripresa anche nelle tre immagini inferiori. Crediti: Nasa/Jpl-Caltech