Si trova al confine tra le costellazioni del Cigno e di Cefeo, ad una distanza di circa 22 milioni di anni luce, e presenta quattro bracci scintillanti: è la galassia a spirale Ngc 6946, che si è guadagnata il nomignolo di ‘Galassia Fuochi d’Artificio’ (Fireworks Galaxy) per la sua vivacità, tale da renderla una delle più attive nella formazione di nuove stelle. Ngc 6946, al cui interno dal 1917 in poi sono state osservate ben dieci supernove (SNe), torna agli onori della cronaca per nuovo studio, pubblicato recentemente su The Astrophysical Journal e dedicato all’analisi dei resti delle supernove (articolo: “A New, Larger Sample of Supernova Remnants in NGC 6946”); l’indagine, condotta da un gruppo di astronomi statunitensi, è stata coordinata dallo Space Telescope Science Institute ed ha avuto anche un supporto dalla Nasa per l’analisi dei dati.
Il team della ricerca si è servito in particolare del telescopio Wiyn presso l’osservatorio di Kitt Peak in Arizona (immagini ottiche) e di quello Gemini North alle Hawaii (per i dati spettroscopici, ottenuti con lo strumento Gmos). Nella foto in alto, la galassia in una foto a falsi colori dove sono state evidenziate le supernove, realizzata in base alle osservazioni di tre linee di emissione con il Wyin. Partendo dal fatto che Ngc 6946 è stata teatro di questo exploit di supernove (1917A, 1939C, 1948B, 1968D, 1969P, 1980K, 2002hh, 2004et, 2008S e 2017eaw), gli studiosi sono andati a caccia dei loro resti (SNRs) per tracciare un identikit più completo di questa entità così effervescente. La tecnica e gli strumenti utilizzati erano già stati impiegati in monitoraggi simili condotti sulle galassie M33 e M83.
I resti, infatti, tendono a rimanere visibili per migliaia di anni e, dato che le esplosioni si sono concentrate in un secolo – un periodo estremamente ridotto in termini astronomici, dovevano essere senz’altro presenti in gran numero. Gli astronomi, che hanno cercato le tracce degli SNRs partendo dalle nebulose ad emissione, a valle delle osservazioni hanno riscontrato la presenza di 147 ‘candidati’; per 102 di essi è stato possibile ottenere lo spettro, grazie allo strumento Gmos, e sulla base dello spettro 89 sono stati confermati come resti. Il gruppo di lavoro ritiene che lo studio schiuda nuove prospettive di ricerca nell’evoluzione stellare e che per caratterizzare i resti non confermati occorrano ulteriori approfondimenti da condurre con Hubble, sia nell’ottico per misurarne le dimensioni e identificare oggetti simili in aree della galassia piuttosto affollate, sia nell’infrarosso nel caso in cui si trovino in regioni dense di polveri.