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Andare nello spazio può essere utile per migliorare la nostra salute sulla Terra? Gli esperimenti svolti a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (Iss) possono aiutarci a contrastare gli effetti negativi dell’invecchiamento e a individuare strategie per vivere meglio?

A questi e a molti altri temi legati al benessere e alle innovazioni sviluppate in ambito spaziale per migliorare la qualità della vita sulla Terra è stato dedicato l’evento Benessere psico-fisico e healthy ageing: una lezione dallo Spazio, svoltosi presso la sede romana dell’Agenzia Spaziale Italiana (Asi) lo scorso 26 febbraio, rivolto alle studentesse e agli studenti delle scuole secondarie di secondo grado e università.

L’evento è stato introdotto dal Direttore Generale di Asi, Luca Vincenzo Maria Salamone, che ha voluto salutare i giovani e le giovani presenti in sala e collegati in streaming su AsiTv, spiegando come per l’Agenzia Spaziale Italiana sia «di fondamentale importanza condividere con le nuove generazioni le ricadute positive ottenute dalle attività sperimentali e scientifiche, che giocano un ruolo fondamentale per far progredire sempre più la ricerca e l’economia spaziale italiana. Mi auguro – ha aggiunto Salamone – che questa mattinata serva a fornirvi strumenti e suggerimenti per conoscere meglio i vantaggi delle attività spaziali e, magari, per scoprire una vostra personale vocazione».

Sul palco dell’Auditorium dell’Asi, Filippo Ongaro, medico ed esperto di medicina della longevità, Francesco Pagnini, ordinario di psicologia clinica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e consulente di Nasa ed Esa per la preparazione degli astronauti, Sofia Pavanello, docente di medicina del lavoro presso l’Università di Padova ed esperta di bio-aging e nutrizione, Gianni Biolo, ordinario di medicina interna presso l’Università degli studi di Trieste ed esperto di nutrizione nelle missioni spaziali di lunga durata e Ilaria Cinelli, ingegnere biomedico e specialista in medicina spaziale. Con la moderazione di Annamaria Monterisi, direttore della Comunicazione Istituzionale Asi, gli esperti hanno illustrato alla platea i vantaggi derivanti dalle missioni spaziali umane per la prevenzione delle malattie, in particolare quelle degenerative, e per sviluppare contromisure utili per favorire un invecchiamento in salute.

«Gli astronauti sono gli atleti della longevità», ha spiegato Sofia Pavanello. «Ogni giorno devono contrastare gli effetti negativi della microgravità, delle radiazioni e dello stress psicologico. Per farlo, adottano strategie scientifiche testate, che possiamo applicare anche nella nostra vita quotidiana». Gli astronauti e le astronaute di ritorno da missioni spaziali a lungo termine presentano, infatti, una varietà di problemi di salute che interessano diversi sistemi di organi e influenzano le performances durante la missione e la qualità della vita a lungo termine, problemi che sono molto simili a quelli osservati negli anziani e coinvolgono il sistema immunitario, le ossa, i muscoli, l’equilibrio, la coordinazione degli occhi e il sistema cardiovascolare.

Lo spazio è ambiente estremo e ostile per l’organismo umano, che espone gli astronauti a una serie di rischi per la salute, classificati come rossi e detti red risks, che hanno la massima priorità sia in relazione alla probabilità di accadimento, sia alla gravità del loro impatto sulla salute umana. Si tratta delle radiazioni ionizzanti, della microgravità, delle alterazioni del ritmo circadiano, dell’isolamento e del confinamento, della qualità limitata di aria e acqua e dello stress psicologico prolungato.

I ricercatori e le ricercatrici hanno sviluppato nel tempo e con le ricerche svolte nello spazio una serie di contromisure utili per mitigare i red risks, come, ad esempio, adottare una dieta ricca di antiossidanti, garantire un riposo adeguato, svolgere attività fisica quotidiana e riuscire a gestire correttamente lo stress e la solitudine.

Questi ultimi aspetti, legati alla gestione dell’emotività e del confinamento, saranno sempre più importanti nelle missioni di lunga durata. Vivere per lunghi periodi in ambienti ristretti e confinati, secondo Francesco Pagnini, «può favorire l’insorgere di nervosismo, conflitti e dinamiche disfunzionali, che non favorirebbero il raggiungimento degli obiettivi della missione». Per questa ragione, nel lungo processo di selezione delle classi di astronauti, gli aspetti psicologici, la resilienza e la capacità di gestire positivamente i momenti di disagio, vengono valutati con estrema attenzione.

Gli astronauti e le astronaute sono senza dubbio persone con grandi competenze e capacità, ma non sono dei super eroi e super eroine. Sono persone che hanno consapevolezza delle difficoltà e anche delle proprie fragilità, imparano a gestirle e sanno che «persino il fallimento può essere positivo perché ci consente di imparare», come ha ricordato Ilaria Cinelli.

Anche la nutrizione, nello Spazio come sulla Terra, deve essere attentamente bilanciata per garantire benessere e salute. A tal riguardo, Gianni Biolo ha condotto a bordo della Iss l’esperimento Nutriss, sottoponendo tre astronauti – Luca Parmitano, Matthias Maurer e Samantha Cristoforetti – alla misurazione costante di massa magra e massa grassa, al fine di adattare conseguentemente le loro diete ed evitare in tal modo di far perdere loro massa muscolare.

Sull’importanza di parlare di questi temi in età precoce e sull’utilità di utilizzare anche il fascino dello spazio per fare breccia nei comportamenti dei più giovani, interviene Filippo Ongaro, che ha ricoperto anche il ruolo di medico degli astronauti: «Per vivere bene è necessario abbracciare uno stile di vita sano il prima possibile». Lo spazio è avventura, esplorazione, tecnologia, scienza e approcciare il tema del benessere dalla prospettiva spaziale, utilizzando come role model gli astronauti è utilissimo per attrarre e ispirare le giovani generazioni. Lo spazio è anche un settore ricco di opportunità per chi vede nel suo futuro professionale il tema della medicina e della salute e, ai giovani interessati a seguire le sue orme, Ongaro suggerisce: «oltre alla medicina spaziale operativa, con specializzazioni come endocrinologia, geriatria, medicina dello sport, medicina interna, che si occupano di curare la salute degli astronauti, ci sono tante possibilità di ricerca biomedica attorno allo spazio, che si svolgono nelle università e nei centri ospedalieri».

L’evento si è concluso con una sessione di Q&A, nel corso della quale studenti e studentesse hanno potuto soddisfare le proprie curiosità su vari temi legati allo spazio: dalle nuove frontiere dell’esplorazione, alle sfide della new space economy, passando per l’importanza della cooperazione internazionale e dello sviluppo di tecnologie che migliorano le condizioni di vita sulla Terra, grazie agli investimenti in ricerca spaziale. Alla provocazione di uno studente riguardo l’ipotesi di partecipare a un viaggio di sola andata per Marte, Ilaria Cinelli, che è anche comandante senior di missioni di simulazioni marziane, non ha dubbi: «Sì! Una missione su un altro pianeta ci consentirebbe di sviluppare tecnologie e innovazioni talmente profonde e utili per migliorare la qualità della vita sulla Terra e per implementare future missioni umane nello spazio che sarei felice di farne parte, anche se significasse non poter tornare indietro. Accetto il rischio!».

La fotogallery dell’evento