Questa è la storia di un’osservazione iniziata quasi 1000 anni fa. La protagonista è Pa 30, una nebulosa con caratteristiche mai viste prima d’ora.

I dati dell’Osservatorio Keck alle Hawaii hanno infatti mostrato che la nebulosa Pa 30 generata da una supernova, e quindi dall’esplosione di una stella alla fine della sua vita, in realtà nasconde dettagli di una stella non del tutto estinta. Ma non è tutto, le analisi dimostrano che l’esplosione potrebbe aver avuto origine da Sn1181, e cioè da un oggetto che apparve nel cielo del 1181 per circa sei mesi. Dagli archivi storici infatti risulta che astronomi cinesi e giapponesi registrarono il raro evento classificandolo come supernova che brillava nella Costellazione di Cassiopea.

Da allora gli scienziati hanno iniziato la ricerca dei resti dell’esplosione. Ci sono voluti 832 anni. Nel 2013 Dana Patchick, un astronomo dilettante, scoprì una nebulosa nel sito dove si era verificata la supernova, grazie alle immagini di Wise messe a disposizione per un progetto di Citizen Scientist.

Dieci anni più tardi, alcuni scienziati del California Institute of Tecnology (Caltech) hanno studiato la nebulosa con lo spettroscopio Keck Cosmic Web Imager (Kcwi) costruito alla Caltech e installato all’Osservatorio Keck. Gli astronomi hanno così scoperto una complessa morfologia che mostra un resto stellare al suo centro, inserendo così l’oggetto nella rara sottocategoria delle supernove di tipo Lax, più comunemente chiamata ‘stella zombie’. I risultati sono stati pubblicati su The Astrophysical Journal Letters con l’articolo ‘Expansion properties of the young supernova type Iax remnant Pa 30 revealed’ sovvenzionato dalla Nasa.

Con l’aiuto del Kcwi, che opera nel vicino ultravioletto, gli astronomi hanno mappato la posizione di insoliti filamenti e la velocità con cui si stanno muovendo verso l’esterno. La potenza dello strumento è tale che è come se scomponesse la luce catturata in ogni pixel in un arcobaleno. Le informazioni spettrali hanno quindi permesso ai ricercatori di misurare i movimenti dei filamenti che fuoriescono dal centro dell’esplosione e creare così una mappa tridimensionale della struttura.

«Un’immagine standard dei resti della supernova sarebbe come una foto statica di uno spettacolo pirotecnico – ha detto Christopher Martin del Caltech, che ha guidato il team che ha costruito il lo spettroscopio – Il Kcw ci offre qualcosa di più simile a un ‘film’, poiché possiamo misurare il movimento delle ‘braci’ che si diramano dal centro dell’esplosione».

I risultati hanno mostrato che il materiale filamentoso nella supernova si muove verso l’esterno a circa 1000 chilometri al secondo. «Abbiamo scoperto che il materiale nei filamenti si sta espandendo balisticamente – ha spiegato Tim Cunningham dell’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics e autore dello studio – Ciò significa che il materiale non è stato rallentato né accelerato dall’esplosione. Dalle velocità misurate, guardando indietro nel tempo, è possibile individuare l’esplosione quasi esattamente nell’anno 1181».

Mentre gli scienziati sono certi che il materiale espulso nell’esplosione del 1181 costituisca la nebulosa Pa 30 che osserviamo oggi, non è noto come e quando si siano formati questi particolari filamenti generati dalla supernova. «Un’onda d’urto inversa potrebbe condensare la polvere circostante in filamenti, ma non lo sappiamo ancora. La morfologia di questo oggetto è strana e affascinante» ha concluso Cunningham.

A causa del resto stellare sopravvissuto e della mancanza di elementi come idrogeno ed elio nei suoi filamenti, si ipotizza che Pa 30 sia il prodotto di un’esplosione termonucleare fallita in una nana bianca vicina.

 

Immagine di copertina: illustrazione artistica di Pa 30 – Crediti: Keck Observatory/Adam Makarenko