Con la missione Dart della Nasa, lanciata nel 2021, è stata convalidata una strategia chiave per la difesa planetaria. La sonda, progettata per impattare Dimorphos, satellite naturale dell’asteroide Didymos, così da modificarne l’orbita, ha raggiunto il suo obiettivo il 26 settembre 2022, dimostrando con successo la fattibilità di un piano messo a punto per deviare asteroidi potenzialmente pericolosi per la Terra.
Si tratta di un esperimento di impatto controllato al quale contribuirà anche la missione Hera dell’Esa, che condurrà un dettagliato rilevamento post-impatto di Dimorphos. Il lancio, insieme ai suoi due cubesat Juventas e Milani, è previsto per ottobre 2024 e l’incontro con Didymos per la fine del 2026.
Un nuovo studio, condotto da un gruppo internazionale di ricerca guidato da Eloy Peña-Asensio del gruppo Dart presso il Politecnico di Milano, suggerisce che, sebbene la tecnica di impatto cinetico possa deviare con successo gli asteroidi affinché non costituiscano una minaccia per il nostro pianeta, potrebbe anche generare detriti in grado di raggiungere la Terra e altri corpi celesti nel Sistema solare sotto forma di meteore.
Quale sarà quindi il destino di queste particelle? Per rispondere a questa domanda, la ricerca si è concentrata, in particolare, sulla possibile consegna di materiale a Marte e alla Terra, calcolando le traiettorie dei frammenti sotto l’influenza della gravità di Didymos e Dimorphos, del Sole e di Mercurio, Venere, Terra e Luna, Marte e Giove.
Basandosi sui dati ottenuti dalla missione Asi LiciaCube (Light Italian CubeSat for Imaging of Asteroids) – che ha accompagnato la missione Dart – e i dati del Naif (Nasa’s Navigation and Ancillary Information Facility), il team ha sviluppato un modello per indentificare la potenziale strada su cui i frammenti potrebbero immettersi.
LiciaCube è la prima missione di spazio profondo sviluppata e gestita autonomamente da un team tutto italiano. Realizzato negli stabilimenti di Argotec a Torino per conto dell’Agenzia spaziale italiana, questo piccolo satellite – con le sue due telecamere a bordo Leia (Liciacube Explorer Imaging for Asteroid) e Luke (Liciacube Unit Key Explorer) – è stato testimone diretto dell’impatto di Dart su Dimorphos, sotto la guida scientifica dell’Inaf.
«Questo nuovo studio testimonia, ancora una volta, l’impatto fondamentale che ha avuto LiciaCube nella prima missione di difesa planetaria mai tentata dall’umanità », commenta Angelo Zinzi, Project scientist Asi di LiciaCube. «Grazie alle immagini ad alta risoluzione spaziale e temporale acquisite dalle sue due camere subito dopo l’impatto di Dart contro Dimorphos, è stato possibile inserire i corretti parametri di input nel modello utilizzato in questo articolo».
Le simulazioni hanno seguito circa 3 milioni di particelle di dimensioni variabili, da 10 centimetri a 30 micron. I risultati dello studio, in via di pubblicazione su The Planetary Science Journal, indicano che alcune di queste particelle potrebbero raggiungere la Terra e Marte entro circa un decennio o più, a seconda della loro velocità di espulsione. Ad esempio, quelle espulse a velocità inferiori a 500 m/s impiegheranno circa 13 anni per arrivare sul pianeta rosso, mentre quelle espulse a velocità superiori a 1,5 km/s hanno maggiori probabilità di raggiungere la Terra in un tempo più breve, approssimativamente 7 anni.
«Ovviamente non ci sono pericoli per l’umanità – continua Zinzi – come ampiamente riconosciuto fin dalla scelta dell’obiettivo della missione Nasa Dart, perché le particelle espulse a causa dell’impatto e che hanno lasciato il sistema asteroidale sono estremamente piccole e brucerebbero a contatto con l’atmosfera terrestre, formando le cosiddette “stelle cadenti”, un innocuo sciame meteorico».
Osservare il percorso di queste particelle è importante per determinare se con Dart è nata una nuova pioggia di meteore, le Dimorphidi, e per stabilire se e quando ci verranno consegnate.
«Tra qualche anno – conclude Zinzi – oltre alle ormai famose Perseidi di agosto (le “lacrime di San Lorenzo”), le Leonidi di novembre, le Geminidi di dicembre e le Quadrantidi di gennaio, potremmo ritrovarci ad osservare le Dimorphidi, a testimonianza che abbiamo imparato a deviare un asteroide e che ci stiamo attrezzando per non farci trovare impreparati nel caso in cui un asteroide dovesse davvero entrare in rotta di collisione con la Terra, possibilità al momento remota, ma mai impossibile».
In apertura: illustrazione della navicella Dart della Nasa poco prima dell’impatto con il sistema di asteroidi binari Didymos. Crediti: Nasa/Johns Hopkins Apl/Steve Gribben