È uno degli oggetti celesti più noti e monitorati e ora la sua galleria fotografica si arricchisce di nuovi ritratti: la star in questione è la Nebulosa di Orione, una regione di formazione stellare ritratta nei minimi particolari dal telescopio spaziale Webb. I risultati di queste osservazioni, condotte da un team internazionale di astronomi, sono stati illustrati in una serie di sei studi pubblicati su Astronomy & Astrophysics. Nota anche come Messier 42 ed estesa per circa 24 anni luce, la nebulosa si trova in direzione della costellazione di Orione a una distanza di 1500 anni luce dalla Terra; si tratta della nursery stellare più vicina al Sistema Solare ed è visibile anche a occhio nudo in determinate condizioni.
Le immagini realizzate dal telescopio Webb fanno parte di ‘Pdrs4all’, un programma centrato sullo studio delle regioni di fotodissociazione (Pdr, photon-dominated region). In queste aree la luce ultravioletta di stelle giovani e massicce crea zone di gas e polveri calde e prevalentemente neutre, situate tra i gas ionizzati che ‘abbracciano’ le stelle e le nubi in cui sono nate. Le Pdr si presentano là dove il gas interstellare è sufficientemente denso per rimanere neutro, ma non al punto di bloccare il passaggio della luce ultravioletta delle stelle massicce; gli scienziati analizzano queste regioni per studiare i processi chimico-fisici sottesi all’evoluzione della materia interstellare nella Via Lattea.
Nello specifico, il bombardamento delle radiazioni nella Nebulosa di Orione ha creato una struttura definita ‘Barra di Orione’, soggetto ripreso nel set di foto realizzate da Webb: si tratta del bordo di un’ampia bolla ‘scolpita’ da alcune stelle massicce che ‘vivacizzano’ la nebulosa. Il telescopio ha svelato nuovi particolari sulla barra, che si presenta come una sorta di muro molto elevato e ripido; grazie alla sensibilità dei suoi strumenti, il telescopio ha inoltre permesso di determinare la composizione chimica della barra che appare molto variegata. L’analisi degli spettri, infatti, ha permesso di individuare oltre 600 differenti ‘firme’ chimiche.
Secondo gli studiosi, la Barra di Orione costituisce un unicum che permette di analizzare in dettaglio i processi chimici e fisici che avvengono nelle aree che separa: da una parte, una regione molto esposta e ionizzata, dall’altra una zona più riparata dove si forma il gas molecolare. «Queste immagini riportano dei dettagli tali che saranno oggetto di studio anche negli anni a venire – ha dichiarato Els Peeters, ricercatore principale del programma Pdrs4All – I dati sono incredibili e serviranno come riferimento per gli astrofisici nei prossimi decenni».
In alto: la Barra di Orione vista dal telescopio Webb (Crediti: Nasa/Esa/Csa, E. Dartois, E. Habart, Pdrs4All Ers team)
In basso: l’area nordest della Nebulosa di Orione vista da Webb (Crediti: Nasa/Esa/Csa, E. Dartois, E. Habart, Pdrs4All Ers team)