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Anche nello spazio si può verificare una forma di ‘inquinamento’ chimico: è quanto succede quando all’interno di una galassia avvengono delle esplosioni stellari che favoriscono la diffusione di vari elementi con conseguenze sulla formazione di nuovi astri.

Uno di questi fenomeni è stato oggetto di una mappatura ad alta risoluzione – la prima nel suo genere – che ha fornito dati importanti sulla distribuzione degli elementi chimici tra le stelle di una galassia, ma anche tra una galassia e l’altra e nel mezzo intergalattico. La mappatura è al centro di uno studio appena pubblicato su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society; l’indagine è stata coordinata dall’Icrar (International Centre for Radio Astronomy Research), centro di ricerca nato dalla collaborazione tra la Curtin University e la University of Western Australia, e si basa sui dati della mappatura Mauve (Muse and Alma Unveiling the Virgo Environment).

Mauve, che ha preso il via nel 2022, è un programma che fa capo al telescopio Vlt (Very Large Telescope) dell’Eso ed è stata progettata per tracciare l’influenza dell’ambiente nel processo di formazione delle stelle gassose presenti negli ammassi galattici. Tra i dati presi in esame in questo programma vi sono quelli dello spettrografo Muse (Multi Unit Spectroscopic Explorer) dell’Eso.

L’esplosione oggetto della mappatura si è verificata in Ngc 4383, una galassia a spirale situata nell’Ammasso della Vergine: esaminando i dati di Muse, gli astrofisici hanno rilevato un flusso di gas molto vasto, la cui ampiezza misura 20mila anni luce, che si muove a una velocità media di oltre 200 chilometri al secondo. L’emissione è appunto il frutto di violente esplosioni stellari nelle regioni centrali di Ngc 4383 che hanno liberato ingenti quantità di idrogeno ed elementi pesanti. Secondo gli scienziati, la massa di gas che è stata espulsa equivale a oltre 50 milioni di Soli ed è ricca di vari elementi chimici tra cui ossigeno, azoto e zolfo.

Queste fuoriuscite di gas sono piuttosto difficili da individuare – spiegano gli studiosi – ed è per questo motivo che le loro proprietà e i processi fisici che li caratterizzano sono ancora poco conosciuti. Al centro dell’attenzione, infatti, è soprattutto la connessione tra queste emissioni e la formazione stellare: gli autori del saggio ritengono che i flussi di gas siano di fondamentale importanza per regolare la velocità e la durata con cui le galassie possono continuare a dare il via a nuovi astri oppure possono arrestare questi processi. Ngc 4383 è stato il primo target del gruppo di lavoro, che proseguirà a indagare i flussi gassosi nell’Universo locale.

In alto: l’emissione di gas dalla galassia Ngc 4383 vista dal telescopio Vlt dell’Eso (Crediti: Eso/A. Watts et al.)