Il telescopio Nasa-Esa ha osservato una stella sopravvissuta all’esplosione come supernova della sua compagna. La scoperta e le interazioni tra i due oggetti celesti in uno studio pubblicato di recente su The Astrophysical Journal
È un tenue puntino luminoso situato a circa 40 milioni di anni luce dalla Terra, all’interno di Ngc 7424, una galassia della costellazione della Gru, ed è il protagonista del nuovo scatto di Hubble: si tratta di una stella un tempo ‘impegnata’ in un sistema binario con una compagna, che nel 2001 ha concluso il suo percorso evolutivo esplodendo come supernova ed è stata classificata con il codice Sn 2001ig. L’esplosione della stella primaria non ha avuto un impatto devastante sulla seconda, che non è sfuggita allo sguardo acuto di Hubble: lo storico telescopio Nasa-Esa ha messo a segno un altro successo, dato che si tratta della prima volta in cui è stato possibile fotografare un astro sopravvissuto allo scenografico finale del suo partner.
La stella superstite è al centro di uno studio condotto da un team internazionale di astronomi, coordinato dall’Australian Astronomical Observatory e illustrato su The Astrophysical Journal, nell’articolo “Ultraviolet Detection of the Binary Companion to the Type IIb SN 2001ig”. L’immagine di Hubble – oltre a costituire un unicum nel suo genere – conferma che una buona parte delle supernove ha origine in sistemi binari, in cui i due astri orbitano a breve distanza e interagiscono, trasferendosi scambievolmente i gas. La compagna di Sn 2001ig non è stata però una semplice ed innocente spettatrice dell’esplosione: gli studiosi, infatti, si sono resi conto che essa aveva precedentemente sottratto alla sua ‘collega’ quasi tutto l’idrogeno dell’involucro, creandole una condizione di instabilità e facendole emettere episodicamente strati di gas prima di giungere alla catastrofe finale.
Sn 2001ig è stata classificata come tipo IIb, vale a dire una supernova che ha perduto la maggior parte dell’idrogeno prima dell’epilogo (stripped-envelope supernova). Il perché questo genere di oggetto celeste, identificato per la prima volta nel 1987, perda il suo guscio non è ancora del tutto chiaro e anche l’ipotesi formulata inizialmente – l’azione dei venti stellari che hanno spazzato via i gas – non sembra offrire una spiegazione esaustiva. Hubble è riuscito a cogliere il tenue bagliore della stella superstite a causa della sua relativa vicinanza alla Terra e soprattutto perché gli astronomi conoscevano la posizione esatta di Sn 2001ig, grazie alle osservazioni condotte nel 2002 con il telescopio Vlt dell’Eso e nel 2004 con quelli Gemini South; già in base ai dati raccolti nel 2004 gli studiosi avevano intuito la presenza di un astro sopravvissuto. Dato che Sn 2001ig aveva perduto la maggior parte del gas prima dell’esplosione, il suo bagliore si è attenuato in tempi molto brevi e quindi è entrato in gioco il telescopio che, con la sua particolare sensibilità all’ultravioletto, ha potuto scattare la foto (qui in alta risoluzione).