Tra tutti i buchi neri dell’Universo i più voraci sono i supermassicci, divoratori cosmici che possono raggiungere una massa pari a milioni o miliardi di volte quella del Sole. Alcuni di essi inglobano elevatissime quantità di materia, crescendo in tempi estremamente rapidi e diventando tanto luminosi da poter essere osservati fino ai confini dell’Universo.

Questi supermassicci estremamente attivi e voraci si chiamano quasar.

Grazie alle osservazioni di una minuscola regione del cielo notturno tramite il James Webb, un recente studio ha determinato l’esistenza nell’Universo lontano di baby quasar, ovvero piccole versioni di buchi neri supermassicci.
Fino a oggi questi erano rimasi indistinguibili dalle ordinarie galassie nelle osservazioni del telescopio Hubble.

La scoperta, pubblicata su The Astrophysical Journal, potrebbe fornire la riposta a una delle domande più intriganti dell’astronomia: come fanno alcuni quasar del giovane Universo a crescere più di quanto i nostri modelli prevedano, chiamati per questo motivo quasar problematici.

«Se consideriamo che i quasar hanno origine dall’esplosione di stelle massicce e che conosciamo il loro tasso di crescita massimo dalle leggi generali della fisica, alcuni di essi sembrano essere cresciuti più velocemente di quanto sia possibile. È come guardare un bambino di cinque anni che è alto due metri. Qualcosa non torna» afferma Jorryt Matthee, primo autore dell’articolo.

I baby quasar sono stati rilevati nelle immagini del Webb come dei piccoli punti rossi, identificati dal team di Matthee come buchi neri supermassicci ma con masse molto meno elevate rispetto a quelli conosciuti finora. La loro massa è, infatti, compresa tra dieci e cento milioni di volte quella del Sole.
Inoltre, la peculiare colorazione rossa con cui appaiono agli occhi di Webb è dovuta al fatto che questi buchi neri sono nascosti dalla polvere circostante. Un bozzolo che, secondo i ricercatori, verrà perforato dalla fuoriuscita di gas dal piccolo buco nero che, solo allora, inizierà ad evolversi per diventare un gigante divoratore cosmico.

«Studiare in modo più dettagliato le versioni baby dei buchi neri supermassicci con masse estreme ci permetterà di capire meglio come nascono i quasar problematici», conclude Matthee.

La scoperta è stata ottenuta grazie ai set di dati acquisiti dalle collaborazioni Eiger (Emission-line galaxies and Intergalactic Gas in the Epoch of Reionization) e Fresco (First Reionization Epoch Spectroscopically Complete Observations).

 

Immagine in evidenza: Un’immagine dallo strumento NirCam del James Webb del luminoso quasar J1148+5251, un buco nero supermassiccio attivo estremamente raro di 10 miliardi di masse solari. Attorno a esso appaiono anche i cosiddetti puntini rossi, ossia i baby quasar: buchi neri con una massa da cento a mille volte inferiore ai supermassicci e pesantemente oscurati dalla polvere, che li fa apparire rossi. Crediti: Nasa, Esa, Csa, J. Matthee (Ista), R. Mackenzie (Eth Zurich), D. Kashino (National Observatory of Japan), S. Lilly (Eth Zurich).