Cancella le stelle, alterando la visione notturna del cielo e creando quindi notevoli problemi a chi – astronomi, ma anche astrofili – punta gli strumenti di osservazione verso la volta celeste: si tratta dell’inquinamento luminoso, fenomeno dovuto alle fonti di luce artificiale connesse alle attività umane e alla luce solare riflessa dai satelliti e dai detriti spaziali.

La questione è dibattuta da lungo tempo e negli ultimi anni è salita spesso alla ribalta per l’aumento del numero di satelliti in orbita (come quelli della costellazione Starlink di SpaceX) che hanno aggravato il problema. Inoltre, il vasto utilizzo di luci a Led per l’illuminazione stradale ha prodotto una crescita di questa forma di inquinamento; le lampade a Led, più efficienti ed economiche, rimangono accese più a lungo, anche tutta la notte. L’inquinamento luminoso quindi condiziona pesantemente le attività scientifiche, la produttività e la vita operativa degli osservatori astronomici, la maggior parte dei quali si trova oltre la soglia di brillanza tollerabile.

Il problema, dunque, è profondamente sentito dalla comunità scientifica al punto che due astronomi statunitensi (Aparna Venkatesan dell’Università di San Francisco e John Barentine di Dark Sky Consulting) hanno coniato un neologismo per significare il rammarico per la perdita dei cieli notturni punteggiati di stelle: ‘noctalgia’. Il loro intervento è stato pubblicato in un inserto speciale del volume 380/2023 di Science, interamente dedicato all’inquinamento luminoso [articolo: “Noctalgia (sky grief): Our Brightening Night Skies and Loss of Environment for Astronomy and Sky Traditions”].

Con questo nuovo termine i due scienziati hanno voluto rappresentare anche le sensazioni della gente comune che ormai non può più ammirare un cielo stellato senza interferenze. Non si salvano neanche le aree più remote del nostro pianeta: gli studiosi hanno calcolato che queste zone ora risultano il 10% più luminose rispetto a 50 anni fa. L’eccessiva illuminazione, inoltre, ha delle ripercussioni anche sulla fauna: il ritmo circadiano di molte specie notturne si è alterato, rendendo questi animali più vulnerabili.

Gli studiosi ritengono che la scomparsa dei cieli bui abbia persino un impatto culturale: la ‘cancellazione’ delle stelle comporta, a loro avviso, una perdita di tradizioni e conoscenze. Infatti, le culture di tutto il mondo, nell’arco dei secoli, hanno utilizzato il cielo come uno strumento per immaginare eroi, mostri e miti nelle costellazioni.

In ogni caso, sul campo, sono in atto svariate iniziative mirate a contenere l’inquinamento luminoso: per esempio, l’utilizzo di impianti di illuminazione ‘night friendly’ che puntano verso terra e sono accesi per un periodo limitato e la creazione di riserve (certificate dalla International Dark Sky Association) in cui è il cielo notturno è protetto come avviene per flora e fauna nei parchi naturali.

In alto: infografica che rappresenta l’impatto dell’inquinamento luminoso in diversi contesti, dalla città alla foresta (Crediti: NoirLab/Nsf/Aura, P. Marenfeld)