Europa, uno dei quattro satelliti galileiani di Giove insieme a Io, Ganimede e Callisto, potrebbe essersi formato in modo diverso rispetto a quanto pensato fino ad oggi dagli astronomi. È l’ipotesi di un nuovo studio pubblicato su Science Advances e condotto da tre scienziati dell’Arizona State University.

La teoria attualmente più diffusa è basata per lo più sulle osservazioni effettuate dalla sonda Nasa Galileo, lanciata nel 1989 per studiare Giove e le sue Lune. Analizzando i dati gravitazionali di Galileo, molti ricercatori hanno sostenuto che Europa abbia un nucleo metallico proprio come la Terra, e che questo nucleo si sia formato (sempre come è avvenuto al nostro pianeta) poco dopo la formazione della luna gioviana.

Il nuovo studio su Science Advances sembra confutare questa teoria, sostenendo invece l’ipotesi di una lenta evoluzione del nucleo di Europa. Secondo la nuova teoria, Europa potrebbe aver iniziato a formare il suo nucleo metallico solo miliardi di anni dopo il suo accrescimento.

Per giungere a questa conclusione, Kevin Trinh, Carver Bierson e Joe O’Rourke, ricercatori alla School of Earth and Space Exploration all’Arizona State University e autori della ricerca, hanno utilizzato un modello informatico in grado di simulare le condizioni iniziali di calore sprigionato da Europa – fenomeno fondamentale per la formazione del nucleo metallico. I risultati della simulazione sembrano coerenti con lo scenario per cui Europa potrebbe aver rilasciato calore piuttosto lentamente, formando così altrettanto lentamente il suo nucleo.

«La nostra ricerca – commenta Carver Bierson, uno dei tre autori dello studio – inquadra Europa come un corpo celeste il cui interno si è evoluto lentamente per tutta la sua vita. Questo apre le porte a future ricerche per capire come tali cambiamenti possano essere osservati nell’Europa che vediamo oggi».

Se confermata, l’ipotesi di Bierson e colleghi potrebbe infatti essere rilevante per comprendere meglio uno degli aspetti che rende Europa un oggetto particolarmente interessante nel nostro Sistema solare: la possibilità della Luna gioviana di ospitare forme di vita.

«Il potenziale della luna di supportare la vita – commenta Kevin Trinh, prima firma dello studio e autore del codice utilizzato per la ricerca –  dipende in ultima analisi dagli ingredienti chimici e dalle condizioni fisiche durante il processo di formazione dell’oceano di Europa».

Serviranno nuovi dati osservativi per confermare o meno l’ipotesi della lenta evoluzione della luna gioviana. E a tal proposito, un grande aiuto potrebbe arrivare dalla sonda dell’Esa Juice, attualmente in viaggio verso il sistema gioviano. Partita lo scorso 14 aprile, Juice arriverà intorno a Giove nel 2031, studiando il gigante gassoso e le sue lune ghiacciate a caccia di segni di abitabilità. Fondamentale il contributo dell’Italia, che ha realizzato 4 dei 10 strumenti scientifici a bordo di Juice.

 

Immagine in apertura: Europa immortalata dalla missione Juno della Nasa. Crediti: NASA/JPL-Caltech/SwRI/MSSS/Kevin M. Gill