Ha concluso la sua missione scientifica lo scorso 21 dicembre, ma si farà ‘sentire’ ancora a lungo per la messe di dati raccolti che possono riservare sorprese alla comunità scientifica: l’investigatore a riposo è InSight, lander della Nasa che per primo ha registrato i terremoti di Marte.

InSight, che è stato attivo per 1440 sol (giorni marziani), torna sulla scena per uno studio relativo al nucleo del pianeta in cui i suoi dati hanno svolto un ruolo chiave; la ricerca, coordinata dalla Scuola di Scienze della Terra dell’Università di Bristol, è stata pubblicata su Proceedings of the National Academies of Sciences (articolo: “First observations of core-transiting seismic phases on Mars”).

Il gruppo di lavoro, esaminando le onde sismiche di due terremoti registrati da InSight nel 2021, è stato in grado di delineare la ‘carta d’identità’ del nucleo di Marte con una precisione maggiore rispetto a indagini precedenti e di perfezionare i modelli informatici esistenti. Grazie agli strumenti del lander, che era giunto sul Pianeta Rosso il 26 novembre 2018, i ricercatori hanno dedotto che il nucleo di ferro liquido è più piccolo e denso di quanto si pensasse. Per quanto riguarda la composizione, nel ‘cuore’ di Marte sono presenti anche altri elementi per circa un quinto: zolfo, ossigeno, carbonio e idrogeno.

Il team della missione è giunto a queste conclusioni analizzando i dati dei sismi del 25 agosto e del 18 settembre 2021, che hanno avuto origine nel versante opposto di Marte rispetto al lander; gli studiosi li hanno definiti farside quakes. Il fattore distanza è risultato fondamentale nell’analisi: quanto più un terremoto si è verificato lontano da InSight, tanto più le sue onde si sono propagate in profondità prima di essere rilevate. I sismi distanti, inoltre, sono molto più difficili da individuare perché un grande ammontare di energia va perduto o deviato quando le onde viaggiano attraverso il pianeta.

Uno dei due terremoti è stato prodotto dall’impatto di un meteoroide: eventi di questo genere aiutano gli scienziati perché consentono di individuare con precisione l’epicentro e di ottenere dati migliori. Marte, infatti, non ha placche tettoniche e i suoi sismi derivano dalle ‘visite’ burrascose di piccoli corpi celesti oppure dalle fratture che si formano sulla sua crosta a causa dello stress termico.

Le dimensioni delle scosse costituiscono un altro fattore di rilievo nell’analisi condotta per lo studio: infatti, i due terremoti distanti, tra quelli ‘ascoltati’ da InSight, risultano particolarmente estesi. Una delle sfide più ardue per gli studiosi, infine, è stata la presenza di una zona d’ombra che è stata attraversata dalle onde delle scosse in questione: gli scienziati hanno dovuto mettere in campo tutta la loro expertise per riuscire a cogliere i movimenti, soprattutto se si considera che avevano a disposizione un solo sismometro (mentre sulla Terra vi sono delle reti sismometriche articolate in stazioni di rilevamento).

Secondo gli autori del saggio, determinare le caratteristiche di un nucleo planetario è fondamentale per comprendere le condizioni in cui si trovava il Sistema Solare quando i pianeti si stavano formando e come questo scenario abbia influenzato i mondi nuovi di zecca.

In alto: elaborazione artistica del nucleo di Marte (Crediti: Nasa/Jpl-Caltech/University of Maryland)