I crateri derivanti da un impatto violento sono un deposito di preziose informazioni chimiche e geofisiche per chi ricerca l’origine della vita sul nostro pianeta. È il caso di Yarrabubba nell’Australia occidentale, il più antico cratere conosciuto al mondo che risale a 2,29 miliardi di anni fa.
Lo studio, pubblicato su Earth and Planetary Science Letters, ha rivelato nicchie ecologiche di quanto rimasto oggi nella zona dell’Australia occidentale; nicchie che mostrano segni di una trasformazione geologica della cavità con tracce della presenza di acqua calda, rinvenute nelle fratture della roccia dopo l’impatto. Si tratta di ghiaccio sciolto, prevalente sul pianeta all’epoca, che si trasforma nel prezioso liquido come conseguenza dell’impatto rovente.
L’acqua calda nella roccia fratturata potrebbe aver creato un piccolo ambiente per le prime forme di vita, e non solo.
Nell’analisi geofisica di quello che resta dall’impatto, risalente a svariati miliardi di anni fa, vengono rilevati depositi di minerali metallici presenti nella crosta terrestre.
Come in un rewind, gli scienziati hanno capito che, più di due miliardi di anni fa, una roccia cosmica o meteorite si schiantò contro la crosta continentale a Yarrabubba. Questa antica superficie si era formata circa 36 miliardi di anni prima dell’impatto e ha subito modifiche profonde dopo il ‘botto’, lasciando una cavità dal diametro stimato di circa 70 chilometri che oggi non è più grande di una piccola bolla.
Lo shock da impatto è stato così forte da sciogliere parti della crosta circostante composta da granito, roccia che oggi si usa comunemente per piani di lavoro a prova di urto.
Per comprendere come tutto questo sia accaduto, i ricercatori studiano la fisica, la geologia e la chimica della materia, quali rocce o altri elementi presenti in natura, tutti composti da isotopi.
Diversi isotopi di un elemento si comportano tutti allo stesso modo nelle reazioni chimiche ma, di fatto, contengono un diverso numero di neutroni all’interno dell’atomo. Nel trascorrere del tempo alcuni isotopi subiscono il processo di decadimento e trasformazione in elementi diversi. Si tratta di tracce che gli scienziati ripercorrono indietro nel tempo, come se guardassero con lenti speciali gli effetti delle mutazioni sulla materia analizzata.
Con tale metodo è stato possibile determinare l’età del cratere Yarrabubba e delle rocce circostanti, ovvero misurando il rapporto tra isotopi di uranio e piombo: le tracce di quest’ultimo fungono da cronometro che misura il tempo trascorso da quando un minerale si è formato. L’uranio decade in piombo nel tempo e i ricercatori conoscono la velocità con cui avviene questo decadimento. Quindi misurare gli isotopi di entrambi gli elementi in un campione ci mostra quanto decadimento è avvenuto, permettendoci di calcolare l’età del minerale.
Ciascun isotopo analizzato, quindi, racconta la sua origine e, dal momento che ci sono isotopi che rimangono fissi nel tempo, i ricercatori hanno ricostruito, come in una tela da ricomporre, quanto accaduto alle rocce Yarrabubba e ai loro dintorni.
Nella crosta che circonda il cratere sono state analizzate le composizioni isotopiche del piombo presente nei grani minerali della stessa. Rinvenuti anche i cristalli di feldspato, tipicamente i grani di colore rosa nel nostro esempio da banco in granito, poiché questi contengono naturalmente piombo ma non uranio.
Dagli isotopi di piombo, intrappolati all’interno del minerale, si risale alla composizione del liquido in cui esso si è originariamente formato.
«Abbiamo trovato un’ampia gamma di composizioni isotopiche del piombo, oltre a nuovi minerali contenenti uranio, che sono ‘cresciuti’ all’interno delle fratture nei grani al momento dell’impatto, avviando nuovi processi di trasformazione», affermano gli scienziati.
La sola spiegazione plausibile per le modifiche delle firme isotopiche è che l’impatto deve aver generato reti di acqua calda circolante che si è infiltrata nelle zone danneggiate in tutta la roccia. Nel caso di Yarrabubba, l’acqua potrebbe provenire dallo scontro della meteora con del ghiaccio. Ghiaccio che 2,29 miliardi di anni fa prevaleva a copertura del nostro pianeta.
La ricerca aiuta anche a comprendere le fasi di evoluzione della vita che ha subito degli ‘stop and go’ nel corso del tempo. Se da un lato, la Terra primordiale ha subito molti impatti violenti che certamente non potevano favorire la presenza di vita complessa, dall’altro hanno determinato quelle condizioni minime – ma necessarie – per forme di vita semplice. Le comunità microbiche possono fiorire dove calore, acqua e sostanze nutritive incontrano la roccia polverizzata: esattamente le condizioni che gli impatti possono produrre. Alcuni studi suggeriscono che questi scontri sono una parte fondamentale dell’evoluzione planetaria, necessari per creare un pianeta abitabile.
Allo stesso tempo, l’acqua calda generata dall’impatto può trasportare metalli già presenti in una frattura all’interno della roccia. In questa condizione, l’evento traumatico produce acqua calda che facilita il trasporto di metalli che, a loro volta, vanno a comporre depositi di metalli preziosi. Gli stessi che i primi esseri umani usarono per strumenti e gioielli: regalo prezioso delle ‘visite’ dei meteoriti, che sono arrivati in un ciclo di 200 milioni di anni nel corso della storia della Terra.
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