Conoscere gli effetti dell’ambiente spaziale sulla salute dell’uomo è fondamentale per lo sviluppo di future missioni interplanetarie.
Per esempio, la permanenza per lunghi periodi in ambiente di microgravità può causare nell’uomo danni importanti alla vista. Questa particolare forma di cecità, chiamata sindrome neuro-oculare associata allo spazio, è una conseguenza dell’assenza di gravità sulla circolazione sanguigna ed è stata spesso riscontrata negli astronauti di ritorno dalla Iss.
Il corpo umano si è evoluto per contrastare gli effetti della gravità terrestre spingendo il sangue verso l’alto nella testa: una spinta che in microgravità può portare, tuttavia, a un aumento della pressione media nel liquido cerebrospinale – fluido corporeo che si trova nel sistema nervoso centrale – influenzando così negativamente la retina e deteriorando la vista.
Finora la pressione di questo liquido è stata controllata nell’uomo grazie a metodi invasivi e dolorosi, come la puntura lombare o il foro del cranio. Queste tecniche, inoltre, si sono rivelate complicate da eseguire in ambiente di microgravità, rendendo questo controllo molto difficile per gli astronauti sulla Iss.
Per superare questo ostacolo, alcuni ricercatori dell’Università dell’Australia Occidentale (Uwa) hanno ora sviluppato un metodo innovativo che permette una misurazione non invasiva della pressione del fluido cerebrale: la nuova tecnica, facilmente replicabile e sicura anche in ambiente di microgravità, si basa sul monitoraggio della variazione delle pulsazioni cardiache, la cui forza determinerebbe la pressione del liquido cerebrospinale, attraverso un esame oculare.
La ricerca, pubblicata su Npj Microgravity, fornisce la base per lo sviluppo di un dispositivo portatile non invasivo efficace in condizioni di microgravità.
Per lo studio è stata utilizzata una speciale telecamera oculare grazie alla quale si sono misurate le minuscole variazioni delle pulsazioni in alcuni soggetti messi in posizioni diverse su un tavolo inclinato. Questa particolare condizione permette, infatti, di controllare sulla Terra le variazioni della gravità monitorando così gli effetti dinamici sulla pressione del liquido cerebrospinale.
«Gli esperimenti con il tavolo inclinato sulla Terra sono l’unico modo per alterare in modo controllabile la forza gravitazionale sul corpo umano e ci hanno permesso di modificare la pressione del liquido cerebrospinale con piccoli incrementi definiti – afferma Danail Obreschkow, coautore dell’articolo – Inoltre, ci ha costretto a sviluppare sistemi che possono essere utilizzati in qualsiasi posizione posturale, rendendo necessari dispositivi portatili e di piccole dimensioni, essenziali per l’utilizzo di tali sistemi nello spazio».
Il metodo così sviluppato si è mostrato in grado di monitorare, in un ambiente che simula la microgravità, la pressione intracranica e di verificare la progressione della sindrome neuro-oculare associata allo spazio. Dalla ricerca emergono quindi risultati importanti per la tutela della salute degli astronauti nei voli a lungo raggio nello spazio profondo.
Immagine sopra e in evidenza: schema che illustra come è stata calcolata la variazione della pressione del fluido cerebrospinale modificando l’inclinazione del tavolo su cui i soggetti sono stati sottoposti all’esame oculare attraverso cui sono state misurate le minuscole variazioni delle pulsazioni. Crediti: W.H. Morgan (et alter) npj Microgravity (2023)