Aiutare gli scienziati a trovare, grazie anche al James Webb, un analogo extraterrestre del pianeta Venere. È l’obiettivo del primo documento che raccoglie tutte le informazioni conosciute sugli esopianeti simili a Venere; il lavoro è pubblicato su The Astronomical Journal.
Dai 300 esopianeti finora conosciuti sono stati selezionati i 5 pianeti più simili al ‘gemello diverso’ della Terra. Una scrematura basata su proprietà quali raggio, massa, densità, forma delle orbite e soprattutto distanza dalla stella madre.

I 5 finalisti, candidati come analoghi di Venere e per questo proposti come obiettivi per il James Webb Space Telescope (Jwst ) nel 2024, sono stati poi classificati in base alla luminosità delle stelle attorno a cui orbitano. Questo aumenterà così la probabilità che il Webb possa ottenere segnali più informativi sulla composizione delle loro atmosfere.

Il pianeta Venere galleggia tra nuvole di acido solforico, non ha acqua e presenta temperature superficiali fino a 500 C°, abbastanza calde da sciogliere il piombo. Usando il telescopio Webb per osservare questi possibili analoghi di Venere, o ‘exoVenus’, gli scienziati sperano di capire se il gemello della Terra possa aver avuto in precedenza condizioni differenti.

«Una cosa che ci chiediamo è se un tempo Venere potesse essere abitabile per confermarlo – ha detto Colby Ostberg, autore principale dello studio e ricercatore presso l’università della California, Riverside – puntiamo a osservare i pianeti più freddi, che si trovano al margine esterno della zona di Venere, ossia dove ricevono meno energia dalle loro stelle».

La zona di Venere, definita nello studio del 2014 dell’astrofisico Stephen Kane di Riverside, è un concetto simile alla zona abitabile, la quale identifica la regione intorno a una stella in cui potrebbe esserci acqua liquida sulla superficie dei pianeti. Nella zona di Venere, all’acqua si sositutisce l’atmosfera: se un pianeta si trova nella zona di Venere, infatti, risulta troppo caldo per avere acqua superficiale, ma non abbastanza da essere privato dell’atmosfera.

«Vogliamo trovare pianeti che abbiano ancora atmosfere significative», spiega Ostberg.

Trovare un pianeta simile a Venere in termini di massa planetaria è importante anche perché la massa influisce sul tempo in cui un pianeta è in grado di mantenere un interno attivo, con il movimento delle placche rocciose attraverso il suo guscio esterno noto come tettonica a placche.

«Venere ha il 20% in meno di massa rispetto alla Terra e, di conseguenza, gli scienziati ritengono che potrebbe non esserci alcuna attività tettonica venusiana. Venere ha difficoltà a rimuovere il carbonio dalla sua atmosfera non riuscendone così a liberarsene», spiega Ostberg.

Eppure sembrerebbe che su Venere sia effettivamente presente un’attività vulcanica, altra proprietà attraverso cui confrontare il nostro ‘gemello diverso’ con i suoi potenziali analoghi extraterrestri. «Il gran numero di analoghi di Venere identificati nel nostro lavoro ci permetterà di verificare se questa attività vulcanica è la norma tra i pianeti simili, oppure no» sostiene Kane, coautore dell’articolo.

Le osservazioni di Webb nel 2024 potrebbero rivelare gas di firma biologica nell’atmosfera di un esoVenere, come metano, bromuro di metile o protossido di azoto, indizi di presenza di vita.

«Rilevare quelle molecole su un pianeta simile a Venere mostrerebbe che i mondi abitabili possono esistere nella Zona di Venere e rafforzerebbe la possibilità di un periodo temperato nel passato di Venere», ha detto Ostber.

Ipotetiche osservazioni con il Jwst degli esopianeti simili a Venere, potrebbero risolvere, inoltre, l’enigma della divergenza climatica tra Venere e Terra e comprendere le loro differenze.

«Forse uno tra i due si è evoluto in modo insolito, ma è difficile rispondere quando il confronto avviene solo tra due pianeti da analizzare nel nostro sistema solare. Sono necessarie statistiche con nuovi elementi per spiegare le differenze evidenti tra Terra e Venere oggi», ha detto Kane.

Se i pianeti nella nuova lista risultassero davvero molto simili a Venere, ciò mostrerebbe che l’esito dell’evoluzione di Venere è comune e sarebbe un avvertimento per noi terrestri, perché il pericolo di un destino venusiano sulla Terra sarebbe reale.

Oltre al Webb, anche altre missioni nel prossimo futuro potrebbero intervenire e dare risposte: la missione DaVinci della Nasa misurerà anche i gas nell’atmosfera venusiana, mentre la missione Veritas consentirà ricostruzioni 3D del paesaggio. Nuove missioni del prossimo decennio dove l’Italia, con Asi ed Esa, è in prima fila.

In apertura:  Venere composta da due immagini della missione giapponese Akatsuki, scattate a due diverse distanze. Crediti: JAXA / ISAS / DARTS / Damia Bouic.