Il 2022 è stato un anno nero per quanto riguarda il clima: basti pensare all’estate rovente e alla siccità che hanno colpito molti paesi europei, mostrando la realtà dei cambiamenti in atto. Eppure, in un anno così difficile, uno dei parametri-simbolo della crisi climatica ha conosciuto un rallentamento: si tratta della crescita del livello dei mari, che, a causa dell’influenza di un fenomeno naturale, è stata inferiore rispetto a quanto atteso dagli scienziati.
Questa condizione, che non deve indurre ad abbassare la guardia, emerge dall’analisi di una vasta messe di dati satellitari effettuata dai ricercatori del Nasa Sea Level Change Team (N-Slct), che possono contare su ben 30 anni di osservazioni. Infatti, le prime attività di monitoraggio del livello dei mari dallo spazio iniziarono nel 1993 con la missione Topex/Poseidon, nata dalla collaborazione tra Nasa e Cnes; la vigilanza dei mari è proseguita poi con altri satelliti, sia statunitensi che europei, tra cui anche Sentinel-6 Michael Freilich del programma europeo Copernicus, che vede fra i partner anche la Nasa.
Il rallentamento nella crescita dei mari, secondo gli studiosi, si deve ad un processo – La Niña – che nel 2022 è stato più lieve del solito. Questo processo fa parte di Enso (El Niño-Southern Oscillation), un fenomeno climatico naturale che produce variazioni nelle temperature superficiali delle acque dell’Oceano Pacifico; la fase calda – nota come El Niño – e quella fredda – La Niña – influenzano gli schemi meteorologici che, a seconda del ciclo, si presentano lungo le varie linee di costa.
Negli anni in cui La Niña è attiva, la temperatura dell’acqua di superficie del Pacifico diminuisce, influenzando i fenomeni atmosferici a livello globale incluse le precipitazioni che si verificano sugli oceani: un maggior numero di piogge sulla terraferma comporta infatti una tregua nell’incremento dei livelli marini. Questo fenomeno, comunque, è destinato a crescere: dal 1993 a oggi il livello si è innalzato di 9,1 centimetri con un tasso annuale che è passato dagli 0,20 centimetri/anno del 1993 agli 0,44 del 2022.
La tregua dello scorso anno non è destinata a durare: i modelli, infatti, prevedono un ritorno del riscaldamento di El Niño nel 2023 che potrebbe imprimere una nuova accelerazione all’innalzamento dei mari. Il principale responsabile di questo insidioso processo resta, comunque, il riscaldamento globale connesso alle attività umane che sviluppano gas serra.
Il Nasa Sea Level Change Team, creato nel 2014, è costantemente impegnato nell’analisi dei dati satellitari su vaste scale temporali e nella predisposizione di modelli che possano essere utilizzati per predisporre attività di mitigazione dell’innalzamento delle acque da parte di governi e comunità costiere.
In alto: un’immagine delle coste della Louisiana, esposte al pericolo dell’innalzamento del mare (Crediti: Nasa)