È andata in frantumi circa 160 milioni di anni fa e l’evento traumatico di cui è stata protagonista avrebbe lasciato un segno permanente sul sesto pianeta del Sistema Solare: si tratta di un’antica luna di Saturno, ribattezzata dagli scienziati Chrysalis, da cui avrebbero avuto origine sia gli anelli sia l’inclinazione che caratterizzano Saturno.

Ad affermarlo è uno studio appena pubblicato su Science (articolo: “Loss of a satellite could explain Saturn’s obliquity and young rings”); l’indagine, basata sui dati della sonda Nasa-Esa-Asi Cassini e su simulazioni informatiche, è stata coordinata dal Dipartimento di Scienze Planetarie del Mit.

Gli anelli del pianeta sono uno dei suoi maggiori tratti distintivi e si sarebbero formati in tempi piuttosto recenti, da un punto di vista astronomico: circa 100 milioni di anni fa. Il perché di questa giovane origine è ancora poco chiaro, così come l’inclinazione dell’asse del corpo celeste; anche la particolare orbita di Titano, la luna più grande tra le 82 che accompagnano Saturno, presenta tuttora degli interrogativi.

Il gruppo di lavoro, utilizzando i dati di Cassini, ha cercato di proporre una soluzione adeguata a questi tre rebus e l’ha trovata nella distruzione della luna Chrysalis. Secondo gli studiosi, questo satellite naturale – ad un certo punto – sarebbe diventato instabile e si sarebbe trovato a passare pericolosamente vicino a Saturno. Questa ‘manovra’ azzardata sarebbe stata fatale: la luna sarebbe stata distrutta dalle forze mareali del pianeta e i suoi frammenti avrebbero dato luogo ai celebri anelli, che apparentemente risultano più giovani rispetto al pianeta. Ed è proprio in relazione agli anelli che gli esperti hanno scelto il nome Chrysalis per questa luna sfortunata. Infatti, Jack Wisdom (docente presso il Mit e primo autore dell’articolo) ha così commentato: «Questo satellite naturale è rimasto a lungo dormiente proprio come la crisalide di una farfalla. Poi improvvisamente è diventato attivo e sono apparsi gli anelli».

La disgregazione di Chrysalis, inoltre, avrebbe provocato un incremento nell’eccentricità dell’orbita di Titano e quindi l’inclinazione dell’asse di Saturno. Gli scienziati, infatti, hanno cercato di delineare un possibile meccanismo per spiegare la vicinanza di Saturno alla risonanza orbitale con Nettuno; gli autori del saggio, per corroborare la loro teoria, ritengono che siano necessarie ulteriori ricerche centrate soprattutto sul momento di inerzia polare del ‘signore degli anelli’.

Come dimostra questo studio, i dati di Cassini rappresentano ancora una preziosa fonte di informazioni per la comunità scientifica – a quasi cinque anni dal termine della missione. Lanciata il 15 ottobre 1997, Cassini ha raggiunto Saturno dopo 7 anni di viaggio, durante i quali ha percorso oltre 3 miliardi e mezzo di chilometri, inserendosi nell’orbita del pianeta il 1° luglio 2004. Superata brillantemente la ‘maggiore età’, la sonda è stata attiva fino al 15 settembre 2017.

In alto: Saturno con alcune delle sue lune visto da Cassini (Crediti: Nasa/Jpl-Caltech/Space Science Institute)