Nei primi miliardi di anni successivi al Big Bang, l’Universo primordiale conteneva un gran numero – più di quanto si pensasse – di galassie cosiddette “starburst” (in cui si registra una formazione stellare molto più rapida).

È quanto emerge da uno studio (articolo: “The galaxy starburst/main-sequence bimodality over five decades in stellar mass at z ~ 3-6,5”, prossimamente in pubblicazione su The Astrophysical Journal e al momento disponibile in pre-print sulla piattaforma Arxiv.org), condotto da un team di astronomi della Università di Groningen (guidato dal dottorando italiano Pierluigi Rinaldi); la ricerca si è centrata in particolare sull’analisi di circa 20.000 galassie formatesi circa 11-13 miliardi di anni fa.

Dall’analisi dei dati acquisiti, grazie alle osservazioni del telescopio Hubble e dello spettrografo Muse (Multi Unit Spectroscopic Explorer) del Very Large Telescope, i ricercatori della Università di Groningen hanno potuto appurare che, miliardi di anni dopo il Big Bang, circa il 20%-40% di tutte le galassie erano di tipo starburst e che queste contribuirono alla formazione di circa il 60%-90% delle stelle.

Oggi, contrariamente a quanto accaduto miliardi di anni fa, l’Universo risulta più tranquillo; infatti, solo il 10% delle stelle di nuova formazione continuerebbero a nascere da galassie starburst.

In alto: la galassia starburst Ngc 908
Crediti immagine: Eso