È partita con successo il 16 ottobre 2021, intraprendendo un lungo viaggio per andare a far ‘visita’ a una particolare categoria di corpi celesti, ma poco dopo il lancio ha manifestato un problema inaspettato: l’esploratrice ‘ammaccata’ è Lucy, la sonda della Nasa che per prima studierà gli asteroidi troiani.

Infatti, dai dati che il veicolo spaziale ha inviato a terra, il team della missione si è reso conto di un’anomalia a uno dei pannelli solari, progettati per schiudersi come un ventaglio: uno di essi non risultava aperto del tutto. La squadra di tecnici, composta da esperti della Nasa e dei partner della missione, ha iniziato a fare controlli a tappeto per capire cosa fosse successo, mentre Lucy continuava a viaggiare regolarmente e senza mostrare ulteriori problemi.

Per valutare la configurazione dei pannelli solari in tempo reale, gli ingegneri hanno acceso i propulsori di Lucy e poi hanno verificato se le vibrazioni avessero prodotto qualche conseguenza su queste strutture. Successivamente, hanno inserito i dati in un modello del gruppo motore dei pannelli per analizzare quanto quelli della sonda fossero rigidi e hanno individuato la fonte del problema: l’aggrovigliamento di un cordino progettato per aprire il pannello.

Dopo mesi di ulteriori analisi e test, il gruppo di lavoro ha formulato due proposte per cercare di risolvere il problema. Nella prima i tecnici avrebbero ‘tirato’ più forte il cordino, mettendo in funzione il motore di riserva dei pannelli insieme a quello principale: l’azione sinergica dei due motori avrebbe dovuto consentire al cordino bloccato di avvolgersi e di avviare il meccanismo di apertura del pannello; in questo caso, il modello è stato di grande utilità per capire se questa ipotesi potesse avere seguito, dato che i due motori non sono stati progettati per funzionare simultaneamente.

Più semplice la seconda proposta: utilizzare il pannello nello stato in cui si trova, ovvero dispiegato solo in parte e comunque in grado di produrre più del 90% dell’energia prevista. Ambedue le strade, comunque, prevedevano delle incognite e gli esperti hanno cercato di valutare quale potesse essere quella più favorevole, identificando anche una serie di azioni per mitigare i rischi. Il team ha persino sviluppato un software per simulare la sonda in viaggio nello spazio e sincerarsi delle conseguenze che un secondo tentativo di dispiegamento avrebbe comportato.

Al termine di questo processo di valutazione, la Nasa ha deciso di scegliere la prima proposta: durante gli scorsi mesi di maggio e giugno sono stati accesi i due motori che hanno fatto funzionare il cordino a dovere, facendo finalmente dispiegare il pannello. I tecnici stimano che la struttura non si sia schiusa a 360 gradi, ma che abbia un’apertura compresa tra 353 e 357 gradi: è comunque sufficiente per far sì che le operazioni di missione procedano regolarmente.

Gli asteroidi troiani, obiettivo della missione, condividono la stessa orbita di un pianeta, ma senza il rischio di impatti perché orbitano intorno agli stabili punti lagrangiani L4 e L5. I pianeti per i quali sono noti questi compagni di viaggio sono Giove, Marte e Nettuno; in tempi recenti anche la Terra si è aggiunta a questo gruppo, dato che dodici anni fa è stato scoperto 2010 TK7, l’unico troiano che la accompagna. Gli asteroidi cui Lucy farà visita sono tutti associati a Giove, tranne uno che fa parte della Fascia principale.

In alto: uno dei pannelli solari di Lucy nei laboratori della Lockheed Martin Space (Crediti: Lockheed Martin Space)