L’eruzione del vulcano Hunga Tonga-Hunga Ha’apai, avvenuta il 15 gennaio scorso, è stata registrata come una delle esplosioni più violente registrate sul pianeta. L’evento ha causato uno tsunami globale e ha generato un boom sonico che ha fatto il giro del mondo due volte. L’eruzione sottomarina nell’Oceano Pacifico meridionale ha anche fatto esplodere un enorme pennacchio di vapore acqueo che ha raggiunto la stratosfera terrestre, talmente imponente da riempire più di 58.000 piscine olimpioniche.
«Non abbiamo mai visto niente di simile», ha detto Luis Millán del Jet Propulsion Laboratory della Nasa, nel sud della California. Millán ha condotto un nuovo studio esaminando la quantità di vapore acqueo che il vulcano Tonga ha iniettato nella stratosfera, lo strato dell’atmosfera che si estende tra 12 e 53 chilometri sopra la superficie terrestre.
Nello studio pubblicato su Geophysical Research Letters, Millán e i suoi colleghi stimano che l’eruzione del Tonga abbia inviato circa 146 teragram – 1 teragram equivale a un trilione di grammi – di vapore acqueo nella stratosfera terrestre, pari al 10% dell’acqua già presente in quello strato atmosferico. Un dato quattro volte più grande di quello stimato in seguito all’eruzione del Monte Pinatubo del 1991, nelle Filippine.
Millán ha analizzato i dati dello strumento Microwave Limb Sounder (Mls) sul satellite Aura della Nasa, che misura i gas atmosferici, tra cui vapore acqueo e ozono. Dopo l’eruzione del vulcano Tonga, il team Mls ha iniziato a vedere letture di vapore acqueo fuori scala. «Abbiamo dovuto ispezionare attentamente tutte le misurazioni nel pennacchio per assicurarci che fossero affidabili», ha affermato Millán.
Le eruzioni vulcaniche raramente immettono molta acqua nella stratosfera. Nei 18 anni in cui la Nasa ha effettuato le misurazioni, solo altre due eruzioni – l’evento Kasatochi del 2008 in Alaska e l’eruzione del Calbuco del 2015 in Cile – hanno inviato quantità apprezzabili di vapore ad altitudini così elevate. In entrambi i casi il vapore si è dissipato rapidamente. Diversamente, quello prodotto dal vulcano Tonga potrebbe rimanere nella stratosfera per diversi anni.
Gli scienziati ritengono che questo eccesso di vapore acqueo potrebbe influenzare la composizione atmosferica, generando alcune reazioni chimiche che potrebbero peggiorare temporaneamente lo spessore dello strato di ozono, oltre che influenzare le temperature superficiali.
Eruzioni vulcaniche massicce come quella del Krakatoa e del Monte Pinatubo, in genere, raffreddano la superficie terrestre espellendo gas, polvere e cenere che riflettono la luce solare nello spazio. Invece, il vulcano Tonga non ha iniettato grandi quantità di aerosol nella stratosfera. Al contrario, le enormi quantità di vapore acqueo espulse in seguito all’eruzione potrebbero dare vita a un piccolo effetto di riscaldamento temporaneo della superficie, perché il vapore intrappola il calore. La buona notizia è che, secondo gli scienziati, il fenomeno non sarebbe sufficiente a esacerbare in modo rilevante gli effetti del cambiamento climatico.
Il motivo per cui l’eruzione del Tonga abbia prodotto una tale quantità di acqua va probabilmente ricercata nella caldera del vulcano sottomarino – una depressione a forma di bacino che si forma solitamente dopo che il magma erutta o drena da una camera poco profonda sotto il vulcano. La caldera si trovava alla giusta profondità nel fondo dell’oceano: circa 150 metri. Se fosse stata più in superficie la quantità di acqua surriscaldata dal magma in eruzione non sarebbe stata sufficiente a spiegare i valori stratosferici di vapore acqueo che Millán e i suoi colleghi hanno visto. Si fosse trovata invece più in basso, le immense pressioni nelle profondità dell’oceano avrebbero potuto silenziare l’eruzione.