L’obiettivo è il 2033. Sessanta esperti di aree diverse della scienza e dell’ingegneria erano stati invitati nel 2019 dall’Agenzia Spaziale Europea per progettare la prima missione dedicata all’esplorazione delle grotte lunari. La Luna è cosparsa di cavità, testimonianze incontaminate della sua storia, ma anche un possibile riparo per i futuri esploratori.
Recentemente il Concurrent Design Facility (Cdf), il centro di valutazione dell’Esa per le esplorazioni spaziali, ha approvato due studi, RoboCrane e Daedalus e ha confermato che l’obiettivo è realizzabile. La missione, che durerà 15 giorni, potrebbe essere lanciata su un Ariane 6 e puntare all’Oceanum Procellarium, il più vasto mare lunare. Situato sul lato occidentale della faccia visibile della Luna, come tutti i mari del nostro satellite ha origine vulcanica; in particolare Marius Hill, indicato come sito della futura missione, presenta una serie di cupole generate da lava più viscosa. E’ già in fase di sviluppo il modulo di atterraggio, l’European Large Logistic Lander (EL3) che avrà a bordo l’esploratore Daedalus e la gru robotica, RoboCrane, che dovrà calare la sonda nella grotta e mapparne la cavità.
Gli esperti hanno già creato modelli del sottosuolo lunare e un piano d’azione per lo sviluppo delle tecnologie necessarie. Sebbene ci sia ancora molto organizzare, il progetto pone già l’Esa in prima linea nell’esplorazione dello spazio oltre la superficie della Luna.
«Una missione come questa richiede lo sviluppo di tecnologie innovative e incoraggia il settore spaziale a sviluppare nuove soluzioni rispetto alle precedenti missioni lunari». Secondo Francesco Sauro, direttore dei corsi di addestramento Caves e Pangea, «questo progresso tecnologico è un grande passo avanti per l’esplorazione lunare e marziana».