Un team di ricerca della Lund University (Lund, Svezia), avrebbe ipotizzato l’origine cosmica dell’elemento itterbio (Yb) presente nella Via Lattea.
L’Itterbio, scoperto nel 1878 dal chimico svizzero Jean Charles Galissard de Marignac, trae il suo nome dalla cittadina svedese Ytterby (località dell’arcipelago di Stoccolma) in cui venne individuata (più precisamente, se ne rilevò la presenza nella miniera limitrofa).
Stando allo studio “Chemical Evolution of Ytterbium in the Galactic Disk” (pubblicato di recente su Astronomy & Astrophysics) si è ipotizzato che l’itterbio possa avere due differenti origini cosmiche: una metà potrebbe provenire da stelle pesanti con vita breve; l’altra da stelle più regolari (come il Sole) e che creano itterbio nelle fasi finali della loro vita relativamente lunga.
Pertanto, si ritiene che la maggior parte dell’itterbio presente nella Via Lattea possa derivare dalle esplosioni di supernova; esplosioni che genererebbero grosse nubi di metalli (tra cui l’itterbio) da cui, infine, nascono nuove stelle.
Si sarebbe giunti a questa conclusione grazie alle osservazioni spettrometriche eseguite su circa 30 stelle vicine al Sole. In particolare, sarebbero stati utilizzati due telescopi posizionati a sud degli Stati Uniti d’America (uno in Arizona, l’altro in Texas) , dotati entrambi di una fotocamera con spettrometro sensibile, in grado di rilevare la luce infrarossa ad alta risoluzione.
Poiché l’itterbio è stato individuato grazie alla luce infrarossa, si ritiene che sarà possibile analizzare anche altre aree della Via Lattea “coperte” da polveri più fitte; infatti, la luce infrarossa può attraversare senza alcuna difficoltà dette regioni estremamente polverose, impenetrabili e, di fatto, difficilmente osservabili.
Rebecca Forsberg, dottoranda in astronomia alla Lund University, sostiene che, grazie ai risultati ottenuti con questo studio, si avrà «la possibilità di mappare vaste parti della Via Lattea che prima erano inesplorate»; pertanto, sarà possibile studiare e confrontare la storia evolutiva di differenti aree della galassia.
In alto: il McDonald Observatory (Usa, Texas) utilizzato dai ricercatori della Lund University.
Crediti immagini: Ethan Tweedie