Il terzo cratere più grande del pianeta nano Cerere era geologicamente attivo molti milioni di anni dopo la sua formazione. È quanto si sostiene in un recente studio pubblicato sulla rivista Nature Communications, realizzato dai ricercatori del Max Planck Institute for Solar System Research (Mps) di Gottinga, dell’Università di Münster (Wwu) e del National Institute of Science Education and Research (Niser) di Bhubaneswar, nel quale si presenta l’analisi più dettagliata del cratere Urvara condotta fino ad oggi. I ricercatori, infatti, per la prima volta, hanno valutato le immagini delle telecamere dell’ultima fase della missione Dawn della Nasa, che rivelano strutture geologiche di pochi metri di dimensioni. Come il cratere Occator, il cratere Urvara potrebbe essere stato teatro di attività criovulcanica, sostengono i ricercatori. Lo studio supporta l’idea che un oceano salino globale si estendesse sotto la crosta di Cerere e che potrebbero ancora oggi esserci zone liquide sotterranee.
Numerosi grandi crateri ricoprono la superficie del pianeta nano Cerere, il corpo più grande della fascia di asteroidi con un diametro di circa 960 chilometri. Probabilmente il più sorprendente di questi crateri è Occator, situato nell’emisfero settentrionale. I punti luminosi al suo interno, già ben visibili durante la fase di avvicinamento di Dawn, si sono rivelati resti salini di una salamoia sotterranea, che è salita in superficie attraverso processi criovulcanici fino a tempi geologici recenti. In un altro grande cratere, chiamato Ernutet, ci sono prove di composti organici esposti e quindi di una chimica molto complessa. Nella loro ultima pubblicazione, i ricercatori guidati dall’Mps ora rivolgono la loro attenzione al cratere Urvara. Situato nell’emisfero sud, è il terzo cratere più grande di Cerere, con un diametro di 170 chilometri. Si pensa che l’impatto che lo ha formato circa 250 milioni di anni fa abbia portato in superficie materiale sito in profondità fino a 50 chilometri.
«Le grandi strutture di impatto su Cerere ci permettono l’accesso agli strati più profondi del pianeta nano», spiega Andreas Nathues dell’Mps, primo autore dello studio e capo investigatore del team di telecamere di Dawn. «A quanto pare, l’attuale topografia e composizione mineralogica di alcuni dei grandi crateri di Cerere è il risultato di processi geologici complessi e di lunga durata che hanno alterato la superficie del pianeta nano».
, indicano anche che composti organici sono stati depositati insieme ai sali su un pendio a ovest della catena montuosa centrale. Una tale combinazione di depositi di sale e composti organici non è stata osservata prima. Anche i depositi di composti organici sembrano essere relativamente giovani.
«L’origine e la formazione delle sostanze organiche su Cerere rimangono interessanti questioni aperte che hanno importanti implicazioni per la storia geologica complessiva di Cerere, nonché potenziali collegamenti con l’astrobiologia e l’abitabilità. Le sostanze organiche che riteniamo di aver trovato nel bacino di Urvara nell’emisfero australe differiscono dalle aree ricche di sostanze organiche nel cratere Ernutet nell’emisfero settentrionale e ci aiuterà a rispondere a queste domande», dice Guneshwar Thangjam, scienziato del Niser.
I risultati attuali rafforzano l’ipotesi che il pianeta nano Cerere “disegnato” dalla missione Dawn sia un corpo geologicamente attivo con strati salini che si estendono sotto la sua crosta a varie profondità. Questi possono essere correlati a un precedente oceano sotterraneo che conteneva anche composti organici. Nonostante la grande distanza di Cerere dal Sole, grazie ai sali disciolti, questa salamoia potrebbe sopravvivere ancora oggi in grandi serbatoi di liquidi a una profondità di circa 40 chilometri.