Uno studio guidato dall’Università di Lisbona ha presentato  la più dettagliata e completa serie di misurazioni mai effettuate della velocità del vento all’equatore di Venere. Uno dei nuovi risultati riguarda il calcolo simultaneo della velocità del vento a due diverse altezze distanti 20 chilometri l’una dall’altra. Il team ha registrato una differenza di velocità del vento di circa 150 chilometri orari maggiore nella parte superiore delle nuvole: questo nuovo elemento  rafforza l’ipotesi che l’energia venga trasferita dal calore degli strati inferiori alla circolazione generale dell’atmosfera. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Atmosphere.

«I venti accelerano mentre ci spostiamo verso l’alto ad altitudini crescenti, ma non sappiamo ancora perché – afferma Pedro Machado, autore dello studio –  siamo riusciti a studiare per la prima volta la componente verticale del vento, ovvero come l’energia dagli strati più bassi e più caldi viene trasportata fino alla sommità delle nuvole, dove conduce all’accelerazione dei venti».

La temperatura al livello del suolo raggiunge i 460 gradi Celsius e produce una radiazione infrarossa – denominata emissione termica –  che riscalda l’aria e la fa salire. Questa radiazione passa attraverso le regioni più trasparenti del fondo delle nuvole, a circa 48 chilometri sopra la superficie. Osservando Venere nell’infrarosso, vediamo questa luce irradiarsi dal calore della superficie e le sagome delle nuvole, opache e scure, diventano visibili. Seguendo le nuvole a intervalli di un’ora, i ricercatori hanno calcolato indirettamente la velocità del vento che le spinge: essa è pari a 216 chilometri orari nella parte inferiore e alle medie latitudini, mentre diminuisce della metà vicino ai poli. 

La ricerca è stata effettuata grazie ai dati del Telescopio Nazionale Galileo che ha catturato le immagini da un polo all’altro del lato in ombra del pianeta tra l’11 e il 13 luglio 2012. In quegli stessi giorni, la sonda Venus Express, dell’Agenzia Spaziale Europea, allora in orbita attorno al pianeta, ha osservato in luce visibile sulla sommità delle nubi, a 70 chilometri di altitudine.

Tracciando anche quelle nuvole, i ricercatori hanno ottenuto velocità dell’ordine di 360 chilometri orari. Altri studi e simulazioni al computer indicano che la velocità del vento in fondo alle nuvole è pressoché costante, senza differenze significative tra il giorno e la notte. Il team è stato quindi in grado di presumere che la velocità del vento registrata di notte fosse la stessa negli strati più bassi dell’atmosfera sul lato diurno.

I ricercatori hanno così raccolto, per la prima volta, misurazioni delle differenze di velocità del vento tra due quote da osservazioni simultanee, concludendo che, sul lato diurno e in soli 20 chilometri, il vento parallelo all’equatore subisce un aumento di velocità di circa 150 chilometri orari in più. Il calore della superficie potrebbe essere il motore che sostiene queste velocità cicloniche dei venti in cima alle nuvole.

Grazie al successo del metodo utilizzato, il team amplierà le proprie ricerche sulla componente verticale dei venti con nuove osservazioni da terra e dallo spazio che verranno raccolte dalla missione della Jaxa Akatsuki. Venere è l’obiettivo della prossima missione Esa Envision. A bordo della sonda, uno strumento italiano che vede il coinvolgimento dell’Agenzia Spaziale Italiana e la responsabilità dell’Università di Trento. L’Asi avrà la responsabilità di realizzare il radar sounder per lo studio dei primi strati della superficie del pianeta a profondità dell’ordine di alcune centinaia di metri.

Credit foto: Nasa/Jpl, la superficie di Venere osservata dalla sonda Magellano