La Relatività Generale di Einstein è la teoria corretta per i fenomeni gravitazionali? È possibile sfruttare tali fenomeni per scoprire nuovi campi fondamentali? Per rispondere a tali quesiti, un team di ricercatori, con larga partecipazione italiana, provenienti da enti quali Gssi, Infn, Sissa e Università “La Sapienza” di Roma e Università di Nottingham, ha stimato le capacità potenziali di Lisa, Laser Interferometer Space Antenna, missione Esa, in cooperazione con Nasa, in fase di studio e che costituirà in futuro il primo osservatorio spaziale di onde gravitazionali.

La ricerca, pubblicata su Nature Astronomy, dimostra la precisione senza precedenti con cui le osservazioni di onde gravitazionali dell’interferometro potranno rilevare nuovi campi fondamentali e verificare la teoria della relatività generale, aprendo così finestre pionieristiche per l’esplorazione dell’Universo.

Le onde gravitazionali finora rilevate dalla Terra, grazie all’esperimento americano Ligo e all’osservatorio europeo Virgo, sono quelle ad alta frequenza, provenienti cioè dalle fusioni di buchi neri di massa stellare o dalle stelle di neutroni. Lisa rileverà dallo spazio, invece, le onde gravitazionali a bassa frequenza, permettendo così di indagare diverse classi di sorgenti, comprese le fusioni di buchi neri supermassivi nei nuclei di galassie massicce.
Con un lancio previsto per il 2037, l’osservatorio prevede tre veicoli spaziali distanti 2,5 milioni di km in una formazione triangolare, in orbita eliocentrica a circa 50 milioni di km dalla Terra.

I ricercatori suggeriscono ora un innovativo approccio per scoprire nuovi campi fondamentali e verificare la teoria della relatività generale studiando, attraverso Lisa, alcune di queste diverse classi di sorgenti: gli Extreme Mass Ratio Inspirals (Emri), sistemi binari in cui un oggetto compatto con massa stellare orbita attorno ad un buco nero milioni di volte più massivo del nostro Sole.

«Rappresentano un’arena preziosissima per studiare il regime di campo forte della gravità. – afferma Andrea Maselli, ricercatore del Gssi e primo autore dell’articolo – Il corpo più piccolo di un Emri compie decine di migliaia di cicli orbitali prima di cadere nel buco nero supermassivo, emettendo così segnali di lunga durata che permettono di misurare anche le più piccole deviazioni dalle predizioni della teoria di Einstein e del modello standard delle particelle».

Le osservazioni di oggetti astrofisici caratterizzati da campi gravitazionali deboli e piccole curvature spazio-temporali non hanno mostrato, finora, alcuna indicazione dell’esistenza di nuovi campi fondamentali associati alla gravità. Dunque nessuna deviazione dalla relatività generale è stata rilevata. Tuttavia, diversi modelli suggeriscono che queste siano presenti laddove la curvatura dello spazio-tempo è molto grande.

I ricercatori italiani hanno sviluppato ora uno nuovo approccio per modellizzare il segnale emesso dagli Emri, studiando per la prima volta in modo rigoroso se e come Lisa possa scoprire l’esistenza di campi scalari accoppiati all’interazione gravitazionale. Quelli scalari sono campi di forze i cui quanti elementari che li compongono hanno uno spin zero, ossia particelle che rimangono inalterate sotto l’effetto delle rotazioni spaziali.
L’approccio individuato dalla recente ricerca permette, inoltre, la misurazione della carica scalare, una grandezza che quantifica il campo associato al corpo più piccolo del sistema binario.
Proprio da queste misurazioni si otterranno vincoli molto stringenti sulle deviazioni della teoria della relatività generale o del modello standard.

 

Immagine: illustrazione di un Extreme Mass Ratio Inspirals (Crediti:Nasa)