‘Occhi’ elettronici puntati sui ghiacciai del Golfo di Amundsen nell’Antartide occidentale: sono quelli dei satelliti della costellazione Cosmo-SkyMed dell’Agenzia Spaziale Italiana e TanDem-X della Dlr (l’agenzia spaziale tedesca), che hanno monitorato lo stato di salute di quest’area del ‘continente bianco’ utilizzando i loro sensori radar ad apertura sintetica (Sar).
I risultati dell’indagine sono stati illustrati in un recente studio pubblicato su Nature Geoscience (articolo: “Rapid glacier retreat rates observed in West Antarctica”). La ricerca è frutto della collaborazione tra scienziati ed ingegneri dell’Università di Houston, dell’Università Irvine in California, dell’Università di Grenoble in Francia, dell’Asi e della Dlr.
Utilizzando una particolare tecnica di analisi, denominata interferometria Sar, sui dati di Cosmo-SkyMed il gruppo di ricerca è stato in grado di misurare la velocità di arretramento delle linee di galleggiamento dei ghiacciai e per la prima volta è stato possibile misurare questo parametro per un ghiacciaio della baia di Amundsen, che ha raggiunto valori pari a ben 11,7 km/anno.
«Un rapido ritiro di 11,7 km/anno è stato osservato per un periodo di 3 mesi su un ghiacciaio chiamato Pope – ha dichiarato Pietro Milillo, primo autore dell’articolo ed attualmente docente presso l’Università di Houston – Grazie alla nuova generazione di satelliti Sar siamo stati in grado di osservare i ghiacciai Pope, Smith e Kohler nell’Antartide occidentale che, negli ultimi anni, hanno mostrato tassi di arretramento più rapidi di quanto previsto».
«Risultati scientifici di questo rilievo si possono conseguire solo grazie a tecnologie avanzatissime e collaborazioni internazionali – osserva Luigi Dini, coautore dell’articolo e tecnologo dell’Asi – Per questo studio è stata utilizzata, in particolare, una delle caratteristiche che rendono unica nel panorama mondiale la nostra costellazione di 5 satelliti Cosmo-SkyMed, ossia la capacità di poter acquisire due immagini radar ad alta risoluzione, con le stesse caratteristiche radiometriche e geometriche, ad un solo giorno di distanza temporale l’una dall’altra e ripetere tali acquisizioni ogni circa due settimane per un lungo periodo di tempo, tre anni nel caso di studio».
«Queste frequenti osservazioni dallo spazio sono fondamentali per comprendere le dinamiche a breve termine di un ghiacciaio e come si comportano su scale temporali brevi – prosegue Milillo – In passato avremmo dovuto aspettare diversi anni per recuperare dati utili per una tale analisi e avremmo potuto osservare solo le tendenze a lungo termine. Ora possiamo esaminare i ritiri glaciali su base mensile e siamo in grado di acquisire un nuovo livello di dettaglio che aiuterà a migliorare i modelli dei ghiacciai e a sua volta perfezionare o stimare l’innalzamento del livello del mare».
La nuova generazione di radar ad apertura sintetica consente la scoperta di una nuova classe di fenomeni fisici che si verificano lungo la cosiddetta “linea di galleggiamento” o grounding line, la linea di confine tra il ghiaccio ancorato alla terra ferma e quello galleggiante sul mare, e getta nuove luci sulla dinamica a breve scala temporale dei ghiacciai. In particolare, in questo studio è stato possibile analizzare sia le misure delle variazioni delle quote delle superficie intorno alle linee di galleggiamento dei ghiacciai Pope, Smith e Kohler del golfo di Amudsen che la velocità del loro ritiro su base bisettimanale.
«Utilizziamo l’osservazione frequente per caratterizzare la migrazione della linea di galleggiamento indotta dalle maree che, abbiamo scoperto, poter essere dell’ordine anche di diversi chilometri per ogni ciclo di marea – spiega ancora Milillo – Fino ad oggi si era ipotizzato che la linea di galleggiamento del ghiacciaio Kohler stesse oscillando senza apparente ritirata nel corso degli anni, mentre questo studio dimostra un progressivo ritiro della linea di galleggiamento del ghiacciaio Kohler e misura la sua migrazione periodica indotta dai cicli delle maree. Al ritmo attuale – conclude il docente – i ghiacciai Smith e Kohler si fonderanno entro i prossimi 15 anni. Questa fusione collegherà le cavità della piattaforma di ghiaccio e cambierà la circolazione oceanica sotto la piattaforma del Dotson Ice Shelf».
I modelli numerici della calotta glaciale sono ancora incompleti e non contengono la fisica necessaria per rappresentare questo tipo di eventi, il che implica che questi modelli potrebbero sottovalutare la velocità con cui i ghiacciai si stanno sciogliendo. I ghiacciai Pope, Smith e Kohler controllano un’area di drenaggio con un volume di ghiaccio flottante equivalente a 6 cm di innalzamento globale del livello del mare. I processi fisici che guidano la loro ritirata, però, sono gli stessi che operano sui vicini ghiacciai Thwaites e Pine Island e che potrebbero potenzialmente contribuire ad un ben più rilevante innalzamento globale del livello del mare di 1,2 m e destabilizzare il resto dell’Antartide occidentale. La comprensione dei processi fisici che guidano la rapida ritirata di Pope, Smith e Kohler, in particolare l’entità dello scioglimento del ghiaccio nelle grounding line, è quindi fondamentale per spiegare e riprodurre i tassi di ritirata osservati.
Alla fine di gennaio sarà lanciato anche il secondo della nuova generazione dei satelliti Cosmo-SkyMed, portando il numero dei satelliti operativi della costellazione a sei. Questo consentirà, da un lato, di dare continuità alle misure per il monitoraggio dei ghiacciai antartici e dall’altro di effettuare analisi, non possibili con i satelliti della vecchia generazione, utilizzando le nuove ed innovative capacità dei satelliti di seconda generazione.
In alto: il ghiacciaio Pope e, sullo sfondo, il monte Murphy l’8 novembre 2016 (Crediti: NASA Operation Ice Bridge 2016)