Il Massachusetts Institute of Technology (MIT), tra le più importanti università di ricerca del mondo, propone un progetto per una scienza veloce e a buon mercato su Venere.

Il nuovo metodo, made by MIT, punta a una serie di missioni scientifiche per la ricerca di segni di vita nell’atmosfera ultra-acida venusiana.

«Speriamo che questo sia l’inizio di un nuovo paradigma» afferma Sara Seager, referente scientifico del report Venus Life Finder Mission Study, pubblicato lo scorso 10 dicembre. Oltre il ruolo di referente per il nuovo progetto, Seager è docente di Scienze Planetarie presso il Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Atmosfera e dei Pianeti (EAPS) del MIT.

La sfida tecnico-scientifica lanciata dal MIT prevede tre minuti tra le nuvole di Venere per permettere a una sonda di rilevare, con uno strumento laser appositamente progettato, la chimica complessa all’interno delle goccioline incontrate durante la breve discesa nella foschia venusiana. Questa la prima delle missioni, programmata per il 2023 e finanziata dalla Rocket Lab, che prevede d’inviare una sonda di 50 chilogrammi  a bordo di un razzo Photon. La fluorescenza o le impurità rilevate nelle goccioline potrebbero indicare qualcosa di più interessante dell’acido solforico, ad esempio parti dell’atmosfera di Venere più adatte all’abitabilità.

La sonda percorrerà i circa 61 milioni di chilometri che la separano da Venere per soli di tre minuti di analisi chimica in situ. Una scienza mirata che potrebbe avere impatti sul mercato della Space economy.

Il concept della nuova ricerca  è puntare sulla caccia di  vita astrobiologica su Venere, pianeta finora trascurato per questo genere di ricerche che si sono concentrate su Marte. Secondo Seager l’interesse per il gemello della Terra è recente e nessuna delle attuali missioni è mirata alla ricerca di  segni di vita.

La sfida del MIT parte dalla convinzione che su Venere anomalie chimiche persistenti  lascino spazio alla possibilità della vita.  Si tratta di diverse anomalie  come i livelli significativi di ossigeno, i  rapporti inspiegabili di anidride solforosa, ossigeno e acqua e la presenza di particelle nuvolose con composizione sconosciuta.

Anche se ancora controverso, il rilevamento di gas fosfina nell’atmosfera di Venere – fosfina che sulla Terra è prodotta solo da processi biologici e industriali – ha acceso su Venere interessi finora sopiti.

Secondo la Seager:  «L’intera controversia sulla fosfina ha reso le persone più interessate a Venere».

Insomma, fosfina a parte, secondo il MIT è l’atmosfera di Venere a essere l’ambiente dove le condizioni di abitabilità possono essere verificate mentre la superficie del gemello della Terra resta un inferno dove l’elevata concentrazione di calore provoca un effetto serra da far sciogliere perfino il piombo.

«Se c’è vita su Venere, è una specie di vita di tipo microbico e  quasi certamente risiede all’interno delle particelle delle nuvole», continua Seager.

Per essere certi della fattibilità dei progetti, il team del Mit si è basato su un rapporto che ha tenuto conto principalmente dei composti da acido solforico nelle nuvole di Venere, con una concentrazione miliardi di volte più acida di qualsiasi habitat sulla Terra. Anche l’atmosfera al di fuori delle nuvole è estremamente secca, da 50 a 100 volte più secca del deserto di Atacama in Cile.

Il  rapporto, che si è avvalso di un team internazionale con ricercatori della Georgia Tech, della Purdue University, del Caltech e del Planetary Science Institute,  è stato finanziato da Breakthrough Initiatives. Oltre a Seager, che ha guidato il team, Janusz Petkowski, affiliato alla ricerca MIT EAPS, è stato il vice investigatore principale.

L’ipotesi è che la vita potrebbe persistere all’interno delle goccioline di acido solforico in vari modi: potrebbe risiedere all’interno di vescicole di lipidi resistenti agli acidi, oppure potrebbe neutralizzare l’acido solforico producendo ammoniaca, che può ridurre il pH dell’acido solforico a un livello tollerato dai microbi amanti dell’acido sulla Terra, oppure, in teoria, la vita delle nuvole di Venere potrebbe fare affidamento su una biochimica in grado di tollerare l’acido solforico, distinto da qualsiasi cosa sulla Terra.

Individuto l’obiettivo il team ha anche selezionato il carico utile scientifico per la missione, che era limitato a solo 1 chilogrammo. Seager afferma che hanno optato per uno strumento chiamato nefelometro autofluorescente, perché poteva portare a termine il lavoro ed era piccolo, economico e poteva essere costruito abbastanza rapidamente per una tempistica compressa della missione.

Attualmente in costruzione presso la Cloud Measurement Solutions,  una società con sede nel New Mexico   e presso la  Droplet Measurement Technologies, con sede in Colorado, lo strumento è parzialmente finanziato da ex studenti del MIT.

Una volta nell’atmosfera di Venere, lo strumento farà brillare un laser sulle particelle della nuvola, provocando l’illuminazione o la fluorescenza di qualsiasi molecola complessa al loro interno. Molte molecole organiche, come l’aminoacido triptofano, hanno proprietà fluorescenti.

«Se vedremo la fluorescenza, continua la Seager,  sapremo che c’è qualcosa di interessante nelle particelle delle nuvole. E anche se non possiamo garantire che si tratti di una molecola organica possiamo però essere certi che qualcosa di  incredibilmente interessante sta accadendo.»

Lo strumento misurerà anche l’andamento della luce riflessa dalle goccioline per determinarne la forma. Le goccioline di acido solforico puro sarebbero sferiche. Qualsiasi altra cosa suggerirebbe che c’è dell’altro rispetto al nefelometro autofluorescente.

Ma la suite di progetti targati MIT per una scienza veloce, mirata e a basso costo, prevede un carico utile più grande per il 2026: un pallone che potrebbe trascorrere più tempo nelle nuvole di Venere e condurre esperimenti più estesi. Se tutto procede come previsto, i risultati della seconda  missione potrebbero quindi preparare il terreno per il completamento del concetto di Venus Life Finder Missions: restituire un campione dell’atmosfera di Venere sulla Terra.

In apertura Credito: NASA Content Administrator