Anidride carbonica, luce solare, acqua ghiacciata e due microbi. Questa la “ricetta” ideata dal Georgia Institute of Technology, illustrata in uno studio pubblicato sulla rivista Nature Communications.

Il processo di produzione di propellente sul suolo marziano sarebbe alternativo a quello della Nasa che, invece, prevede il trasporto dalla Terra di 30 tonnellate di metano e di ossigeno liquido (Lox), elementi di propulsione per i razzi in partenza dal nostro pianeta verso Marte e viceversa, con un costo di circa 8 miliardi di dollari.

Lo studio dei ricercatori del Georgia Tech propone una strategia di utilizzo delle risorse in situ basata sulla biotecnologia (bio-Isru), che può estrarre sia il propellente che l’ossigeno liquido dalla Co₂.

I ricercatori affermano che realizzare il propellente su Marte – impiegando le risorse in loco – potrebbe aiutare a ridurre i costi della missione. Inoltre, il processo bio-Isru genera 44 tonnellate di ossigeno pulito in eccesso, che potrebbe essere messo da parte per essere utilizzato per altri scopi, come sostenere la colonizzazione umana.

«L’anidride carbonica è una delle uniche risorse disponibili su Marte e la biologia è adatta per convertire la Co₂ in prodotti per la creazione di carburante per missili», ha affermato Nick Kruyer, del Georgia Tech e primo autore dello studio.

Per fare il propellente sono necessari anche due microbi: i cianobatteri (alghe) e l’Escherichia coli.

I primi assorbirebbero Co₂ dall’atmosfera marziana e utilizzerebbero la luce solare per creare zuccheri, mentre i secondi, portati dalla Terra, convertirebbero gli zuccheri ottenuti in un propellente specifico per Marte, destinato a razzi e altri dispositivi di lancio. Il propellente che si ricaverebbe su Marte è il  2,3-butandiolo che può essere creato dall’Escherichia, batterio che sulla Terra viene utilizzato per creare polimeri per la produzione di gomma.

Per essere operativo su Marte, il processo prevede il trasporto di materiali plastici che verrebbero assemblati in fotobioreattori che occupano le dimensioni di quattro campi da calcio. I cianobatteri crescerebbero nei reattori tramite la fotosintesi, dove sarebbe necessaria l’anidride carbonica. In un reattore separato, gli enzimi abbatterebbero i cianobatteri in zuccheri alimentati dall’Escherichia coli per produrre il propellente per razzi; questo verrebbe separato dal brodo di fermentazione del batterio con metodi di separazione avanzati.

Poiché la gravità su Marte è solo un terzo di quella percepita sulla Terra, i ricercatori hanno lavorato tenendo presente questa sostanziale differenza tra i due pianeti per potenziali combustibili: «Abbiamo iniziato a considerare modi per sfruttare la gravità inferiore del Pianeta Rosso e la mancanza di ossigeno per creare soluzioni che non sono rilevanti per i lanci sulla Terra», specifica Pamela Peralta-Yahya, coautrice e professore della School of Chemistry & Biochemistry e ChBE del Georgia Tech.

Il team del centro di ricerca è interdisciplinare e comprende chimici, ingegneri meccanici e aerospaziali che insieme studiano le molte criticità ancora da risolvere nel processo di bioproduzione a chilometro 0.

ll team sta ora cercando di eseguire l’ottimizzazione biologica e dei materiali, necessaria per ridurre il peso del processo bio-Isru e renderlo più leggero di quello proposto. Ad esempio, il miglioramento della velocità con cui i cianobatteri crescono su Marte ridurrà le dimensioni del fotobioreattore, abbassando significativamente il carico utile necessario per trasportare l’attrezzatura dalla Terra. Non solo. «Dobbiamo anche eseguire esperimenti per dimostrare che i cianobatteri possono essere coltivati in condizioni marziane, perché la differenza nello spettro solare su Marte, sia per la distanza dal Sole che per la mancanza di filtraggio atmosferico della luce solare con alti livelli di ultravioletti, potrebbero danneggiare i cianobatteri» ha affermato Matthew Realff, che lavora sull’analisi del processo basata sulle alghe.

Fotobioreattori delle dimensioni di quattro campi da calcio, ricoperti di cianobatteri, potrebbero produrre carburante per missili su Marte. Credito: studio mobile Boko