Un team internazionale di astronomi guidato dal Massachusetts Institute of Technology (Mit) ha scovato le prove di un grande impatto tra protopianeti in HD 172555, sistema stellare a 95 anni luce dalla Terra. La scoperta è emersa dall’osservazione della polvere interstellare e dal gas circostante la stella, resa possibile grazie all’osservatorio Alma (Atacama Large Millimeter Array) dell’Eso, il complesso di 65 telescopi situato in Cile.
L’impatto tra giovani corpi cosmici è ritenuto l’evento più comune alla base della formazione dei pianeti. Anche la terra e la Luna si presume si siano formati a valle di un impatto con un corpo celeste delle dimensioni di Marte. Eppure, nonostante la vastità e la probabile diffusione di questi eventi, è molto difficile osservare tracce dirette di grandi collisioni planetarie in sistemi stellari diversi da quello solare.
Primo rilevamento di questo tipo, i ricercatori ritengono che l’impatto rilevato abbia coinvolto due protopianeti, presumibilmente di dimensioni simili a quelle della Terra. Un evento drammatico che avrebbe persino spazzato via parte dell’atmosfera di uno dei due grandi corpi in collisione. I risultati sono stati pubblicati su Nature.
Il primo indizio che rivelerebbe l’impatto è, in verità, una caratteristica di HD 172555 conosciuta da tempo e che ha spesso destato la curiosità degli astronomi: l’insolita composizione della polvere stellare. Negli anni, diverse osservazioni hanno, infatti, confermato due peculiarità nel disco circumstellare di HD 172555, la struttura ad anello in cui polveri, gas e pianeti primordiali orbitano attorno alla stella. In primo luogo, sono state trovate grandi quantità di insoliti minerali; secondariamente, questi stessi elementi si presentano in grani molto più fini di quanto ci si aspetterebbe in un disco circumstellare. Caratteristiche queste che potevano essere motivate da una collisione recente.
Queste singolarità hanno portato i ricercatori a voler studiare HD 172555 più nel dettaglio, in particolare cosa avrebbe potuto rilevare loro il gas presente. Esaminando, quindi, gli archivi di Alma, gli esperti si sono focalizzati sull’elemento più facilmente osservabile in un disco circumstellare: il monossido di carbonio, gas tipicamente più luminoso, quindi più facile da trovare.
Ciò che è emerso è risultato altrettanto singolare: una inaspettata abbondanza di monossido di carbonio in regioni sorprendentemente vicine alla stella. Questo fatto costituisce il secondo indizio dell’impatto: il gas cospicuamente presente, stimato pari al 20% del monossido di carbonio che si trova nell’atmosfera di Venere, è infatti la prova che l’atmosfera di uno dei due protopianeti sia stata in gran parte spazzata via dalla collisione, finendo così nelle vicinanze della stella.
«In questo contesto, l’unico processo plausibile che potrebbe produrre monossido di carbonio in questo sistema è un impatto gigante» dice l’autrice principale della ricerca Tajana Schneiderman, laureata presso il Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Atmosfera e dei Pianeti del Mit.
Dalle osservazioni, si presume che la collisione sia avvenuta solo 200.000 anni fa, un tempo troppo limitato per una completa distruzione per mano dei fotoni di HD 172555 del gas atmosferico ora vicino alla stella. «Stiamo aprendo la strada a ricerche future oltre questo sistema – conclude Schneiderman – dimostrando che, se si trova il monossido di carbonio in un luogo e una morfologia coerente con un impatto gigante, si possono ricercare grandi collisioni di pianeti e comprendere come i detriti si comportano in seguito».
Immagine in evidenza: illustrazione artistica di una collisione catastrofica tra due esopianeti rocciosi in un sistema planetario
Crediti: NASA/SOFIA/Lynette Cook