Si avvicina la corsa europea al pianeta rosso. Il 20 settembre 2022 si aprirà la finestra di lancio, della durata di 12 giorni, per la partenza di ExoMars, la prima missione targata Esa che tenterà di inviare un rover su Marte. Se tutto andrà come previsto il robottino Rosalind Franklin, dal nome della grande scienziata che ha scoperto la doppia elica del Dna, dopo nove mesi di viaggio arriverà su Marte il 10 giugno 2023.

Intanto in questo ultimo anno che ci separa dalla partenza della missione il team di ExoMars sta lavorando senza sosta. Dopo il successo dei test estivi sui paracadute, proprio pochi giorni fa è stato raggiunto un altro traguardo fondamentale: il primo test di profondità per il trapano di Rosalind Franklin.

Il test, effettuato presso il simulatore di suolo marziano in Altec a Torino, si è concluso con l’estrazione di campioni a 1,7 metri di profondità. Un risultato che supera tutti i precedenti rover marziani grazie alla sua trivella made in Italy. Il trapano è stato messo alla prova sul cosiddetto gemello terrestre del rover, che avrà un ruolo importante anche quando l’originale sarà al lavoro sulla superficie marziana.

Trapanare il suolo di Marte, sfida con la quale si sta confrontando in queste settimane il rover di ultima generazione della Nasa Perseverance, è il primo passo delle future missioni di sample return, in collaborazione tra Nasa ed Esa. Riportare sul nostro pianeta un pezzetto di Marte aprirà orizzonti completamente nuovi, preparando il terreno per la futura colonizzazione marziana. A tal proposito, lo sviluppo di una tecnologia che permetta di raccogliere risorse direttamente in loco sarà fondamentale per rendere le future colonie spaziali sostenibili. Ma non è detto che si debba anche in questo caso scavare così in profondità: secondo diversi studi, la risorsa potenzialmente più utile si trova direttamente sulla superficie, ed è la regolite.

Serviranno però tecnologie altrettanto avanzate per estrarre dalla regolite le risorse indispensabili alla sopravvivenza degli astronauti. Recentemente, risultati promettenti stanno arrivando da un progetto guidato dal Politecnico di Milano in collaborazione con Ohb-Italia, per ottenere ossigeno e acqua dalla regolite che, in particolare sulla Luna, si trova anche sotto forma di sabbia.