Osservando la natura della nostra galassia dobbiamo tenere presente che il gas che la alimenta e arriva dall’esterno è composto principalmente da idrogeno ed elio; ciò che viene considerato metallo, seppur in forma gassosa, è prodotto dalle stelle e comprende tutti gli elementi chimici più pesanti dell’elio; gli atomi più pesanti si possono condensare in polvere, soprattutto nelle zone più fredde. Questi sono i tre elementi principali che compongono la Via Lattea.

Ma in che in che modo queste sostanze sono distribuite all’interno della nostra Galassia? I modelli teorici finora adottati ne hanno ipotizzato una distribuzione omogenea.

Un nuovo studio, condotto da un gruppo di astronomi dell’Università di Ginevra (UNIGE) in Svizzera e pubblicato sulla rivista inglese Nature, mostra invece come la presenza di questi elementi possa variare a seconda delle aree. Questi risultati trasformeranno le simulazioni sviluppate fino a ora, dando un nuovo contributo alla comprensione dell’evoluzione delle galassie.

«Le galassie sono alimentate da gas ‘vergine’ che arriva dall’esterno, le ringiovanisce e permette la formazione di nuove stelle», spiega Annalisa De Cia, docente del Dipartimento di Astronomia dell’UNIGE e prima autrice del studio. «Inizialmente, quando si formò la Via Lattea, più di 10 miliardi di anni fa, non aveva metalli. Poi le stelle hanno progressivamente arricchito l’ambiente con i metalli che hanno prodotto». La stella, infatti, brucia l’idrogeno che la costituisce formando nuovi elementi attraverso la nucleosintesi. Alla fine del suo ciclo vitale esplode, espelle i metalli che ha generato, come ferro, zinco, carbonio e silicio, e li immette nel gas della galassia. Quando la quantità di metalli in questo gas raggiunge il livello presente nel Sole, gli astronomi parlano di metallicità solare.

«Finora, i modelli teorici ritenevano che gas, metalli e polvere fossero omogeneamente mischiati e raggiungessero la composizione solare ovunque nella nostra galassia, con un leggero aumento di metallicità al centro, dove le stelle sono più numerose», spiega Patrick Petitjean, ricercatore presso l’Institut d’Astrophysique de Paris, alla Sorbona. «Volevamo osservare la metallicità in dettaglio utilizzando lo spettrografo ultravioletto del telescopio spaziale Hubble». E così, per 25 ore, gli scienziati hanno studiato l’atmosfera di 25 stelle utilizzando Hubble e il Very Large Telescope (VLT) in Cile. «I metalli che compongono il gas assorbono una piccolissima parte della luce in modo caratteristico, a una frequenza specifica. Questo ci permette non solo di individuarne la presenza, ma anche di dire di che metallo si tratta e quanto abbonda».

La polvere però, non può essere analizzata con questi spettrografi, anche se contiene metalli. Gli astronomi hanno quindi sviluppato una nuova tecnica osservativa. «Si tratta di prendere in considerazione la composizione totale del gas e della polvere osservando simultaneamente diversi elementi come ferro, zinco, titanio, silicio e ossigeno», racconta De Cia. «Dopo possiamo tracciare la quantità di metalli presenti nella polvere e aggiungerla a quella già quantificata dalle osservazioni precedenti e ottenere il totale».

Grazie a questa doppia tecnica di osservazione, gli astronomi hanno scoperto che non solo l’ambiente della Via Lattea non è omogeneo, ma anche che alcune delle aree studiate raggiungono solo il 10% di metallicità solare. «Questa scoperta gioca un ruolo chiave nella progettazione di modelli teorici sulla formazione e l’evoluzione delle galassie», afferma Jens-Kristian Krogager, ricercatore presso l’UNIGE. «D’ora in poi, dovremo perfezionare le simulazioni aumentando la risoluzione, in modo da poter includere i cambiamenti di metallicità nei diversi punti della Via Lattea».

 

Immagine in apertura: Nuvole e flussi di gas cosmico incontaminato (magenta) si accumulano sulla Via Lattea, ma questo gas non si mescola in modo efficiente nel disco galattico (illustrazione). Crediti: Mark A. Garlick