Se volessimo assaggiare un piatto di spaghetti appena scolati, intuitivamente prenderemmo uno degli spaghetti più superficiali o, ancora meglio, uno sulla parte esterna del piatto, sicuri che questo sia il meno caldo di tutti.
Nel Sole non accade la stessa cosa: la corona solare, lo spaghetto più esterno, risulta cocente quanto il nucleo, il cuore del groviglio di spaghetti.
Quello della distribuzione, al quanto controintuitiva, della temperatura nelle sue componenti più esterne rimane uno dei misteri più suggestivi del Sole.
Se risulta sensato che dai milioni di gradi del nucleo solare, dove avvengono le reazioni di fusione nucleare, si passi ai 5500 gradi C della superficie, i fisici solari non hanno ancora compreso perché i due strati dell’atmosfera solare tornino a registrare temperature elevatissime: la cromosfera, più vicina alla superficie, raggiunge temperature di circa 10000 gradi; la corona solare, più esterna, arriva fino a 2 milioni gradi, ossia 350 volte più calda della superficie.
Per fare luce sul processo di riscaldamento della corona solare, lo scorso 30 luglio Nasa ha lanciato dal New Mexico un razzo sonda in volo suborbitale carico di MaGIXS (Marshall Grazing Incidence X-ray Spectrometer), lo spettrometro solare a raggi X realizzato al Marshall Space Flight Center in Alabama.
MaGIXS lavora con raggi X definiti morbidi, ossia a una lunghezza d’onda tipica delle radiografie in ambito medico. A differenza di altri spettrometri simili, MaGIXS è però in grado di effettuare una radiografia locale al Sole, riuscendo a effettuare osservazioni più dettagliate che mai: lo spettrometro misura infatti specifiche distribuzioni di temperatura nelle diverse componenti di una regione solare attiva. Grazie a una coppia di specchi, le osservazioni godono di un’alta risoluzione spaziale e spettrale.
Una precisione alla quale i fisici solari si affidano per fare chiarezza sulla natura del riscaldamento della corona, volendo comprendere se il fenomeno sia dovuto a uno processo costante o al susseguirsi di periodici aumenti di temperatura.
Nel primo caso, si ritiene che il riscaldamento possa propagarsi attraverso onde energetiche che dalla turbolenza interna della stella raggiungono la superficie. L’energia verrebbe espulsa poi attraverso la corona.
Nel secondo caso, si pensa che eventi locali magnetici surriscaldano sporadicamente alcune zone della corona solare, regione a bassa densità ed altamente ionizzata. Condizione ideale per uno tra i più violenti e spettacolari fenomeni che avvengono nel Sole, quello dei brillamenti: il campo magnetico rilascia gradi quantità di energia che, depositata in superficie, riscalda localmente il plasma solare fino a farlo evaporare creando incandescenti strutture magnetiche sovrastanti, con temperature spesso oltre i 10 milioni di gradi, caratterizzati da una tipica forma ad arco.
Il fenomeno dei brillamenti è stato osservato recentemente da Solar Orbiter, sonda frutto di una partnership tra ESA e NASA che veda a bordo anche il coronografo Metis, realizzato da Asi, Inaf e Cnr. Lo strumento italiano è stato protagonista della prima osservazione di una espulsione di massa coronale registrata da Solar Orbiter, prima in assoluto effettuata nella banda spettrale del visibile e dell’ultravioletto contemporaneamente.
Come Solar Orbiter, anche lo spettrografo MaGIXS può essere utile per comprendere come difendere i satelliti e i sistemi di comunicazione dalle interferenze che le violenti esplosioni coronali possono causare sulle strumentazioni in orbita terrestre. Sicuramente MaGIXS rappresenta un banco di prova per le missioni future di Nasa che vorranno studiare i brillamenti solari in modo più dettagliato in stretta connessione con la misurazione dell’attività coronale.
Crediti immagine in evidenza: NASA/Solar Dynamics Observatory