Alcune fusioni tra buchi neri potrebbero essere il frutto di oggetti di prima generazione prodotti dal collasso di stelle, mentre altri potrebbero essere prodotti di seconda o terza generazione. Lo afferma uno studio dell’Università di Birmingham e della Northwestern University, pubblicato su Nature Astronomy, secondo il quale ci staremmo avvicinando alla ricerca del primo di questi cosiddetti ‘buchi neri gerarchici’. Lo studio suggerisce che le recenti scoperte teoriche, unite ai modelli astrofisici, consentiranno agli scienziati di interpretare accuratamente i segnali prodotti dalle onde gravitazionali. 

Da quando la prima onda gravitazionale è stata rilevata dai rivelatori Ligo e Virgo nel settembre  del 2015, gli scienziati hanno prodotto interpretazioni sempre più sofisticate di questi segnali. Il prossimo traguardo, secondo gli astronomi, sarà dimostrare l’esistenza delle cosiddette fusioni gerarchiche e GW190521, la più massiccia fusione di buchi neri finora scoperta, sembra essere il candidato ideale per questo tipo di studi. 

«Riteniamo che la maggior parte delle onde gravitazionali finora rilevate siano il risultato della collisione di buchi neri di prima generazione – afferma Davide Gerosa, ricercatore italiano presso l’Università di Birmingham e primo autore dello studio –  e pensiamo che ci siano buone probabilità che altri oggetti contengano i resti delle precedenti fusioni. Questi eventi avranno segni distintivi di onde gravitazionali che suggeriscono masse più elevate e uno spin insolito causato dalla collisione dei genitori».

Comprendere le caratteristiche dell’ambiente in cui questi oggetti potrebbero essere prodotti aiuterà anche a restringerne la ricerca. Gli ambienti ideali potrebbero essere gli ammassi stellari o i dischi di accrescimento contenenti abbondanti flussi di gas. Si tratta di aree sufficientemente dense da trattenere un buon numero di buchi neri per permettere la fusione nel corso di diverse generazioni. 

Ligo e Virgo hanno già scoperto più di 50 eventi di onde gravitazionali. Nei prossimi anni saremo in grado di osservare migliaia di questi fenomeni e così diventerà chiaro se una sottopopolazione di buchi neri di generazione successiva alla prima è necessaria per spiegare tutti i fenomeni correlati.