Torna agli onori della cronaca un oggetto celeste che, da tre anni a questa parte, ha dato parecchio filo da torcere agli astronomi: si tratta di Ngc 1052-Df2, la galassia ultra-diffusa situata nella costellazione della Balena e nota per essere sprovvista di materia oscura.

La singolare galassia è ora al centro di un nuovo studio, coordinato dal Dipartimento di Astronomia dell’Università di Yale e pubblicato su The Astrophysical Journal Letters (articolo: “A Tip of the Red Giant Branch Distance of 22.1 ± 1.2 Mpc to the Dark Matter Deficient Galaxy Ngc 1052–Df2 from 40 Orbits of Hubble Space Telescope Imaging”); l’indagine, che si basa su osservazioni di Hubble, conferma la mancanza di materia oscura nella galassia, che gli scienziati chiamano brevemente Df2, e cerca di chiarirne le proprietà fisiche.

Df2 rappresenta un vero rebus per le correnti teorie sulla formazione galattica, dato che la materia oscura svolge un ruolo di primaria importanza nei processi che portano i gas a dare il via a nuove stelle. Si ritiene, infatti, che le galassie nascano all’interno di immensi aloni di questa elusiva entità, che ne costituisce un elemento predominante.

Risale al 2018 lo studio di Nature con cui erano state annunciate l’individuazione di Df2, scovata grazie al telescopio Dragonfly Telephoto Array (New Mexico), e la sua mancanza di questo fondamentale ingrediente. Gli scienziati autori della scoperta sono tornati ad osservare Df2 con Hubble e i risultati dell’indagine sono stati appunto illustrati nel nuovo studio.

Il gruppo di lavoro si è particolarmente centrato sulle misurazioni della distanza di Df2 dalla Terra, un tipo di parametro necessario per determinare la quantità di materia oscura. Se la galassia fosse così lontana dal nostro pianeta, come sostengono gli autori del saggio, potrebbe contenere solo una piccola percentuale del misterioso elemento: gli scienziati si sono basati sul movimento delle stelle all’interno di Df2, le cui velocità sono influenzate dalla forza di gravità. Inoltre, la quantità di astri osservata rappresenta la massa totale della galassia, in cui non rimane molto spazio per la materia oscura.

Altri astronomi ritengono che Df2 sia più vicina alla Terra, ma in questo caso essa sarebbe essenzialmente più debole e meno massiccia e sarebbe necessaria la presenza della materia oscura per spiegare i fenomeni riscontrati nella massa totale.

Le nuove osservazioni effettuate da Hubble con la fotocamera Acs, secondo gli studiosi, confermano che la galassia in questione non solo è più lontana dalla Terra di quanto propongono alcuni, ma anche leggermente più distante rispetto alle stime originali fatte dal team nel 2018: la nuova distanza è stata valutata in 72 milioni di anni luce. Le stelle giganti rosse sono state il parametro utilizzato per raggiungere questo risultato: sono state prese in considerazione quelle in fase di invecchiamento – nelle zone periferiche della galassia – che raggiungono tutte lo stesso livello di luminosità nella loro evoluzione.

I rilievi effettuati da Hubble confermano dunque la carenza di materia oscura di Df2. A cosa si debba questa particolarità rimane ancora un mistero, ma il caso di questa galassia non è isolato: lo scorso anno ne è stata scoperta una simile, Ngc 1052-Df4.

In alto: la galassia Df2 vista da Hubble. 

In basso: le stelle rosse prese in considerazione per lo studio.

(Crediti per ambedue le foto: per la parte scientifica, Nasa, Esa, StScI, Zili Shen-Yale, Pieter van Dokkum-Yale, Shany Danieli-Ias – per l’elaborazione dell’immagine, Alyssa Pagan-StScI).