Giovani astri che producono emissioni di straordinaria intensità, in grado di aggiungere o togliere qualcosa ai pianeti ‘residenti’ nei loro paraggi: questa è la situazione prospettata da un nuovo studio, basato sui dati dell’osservatorio a raggi X Chandra della Nasa e di futura pubblicazione su The Astrophysical Journal. L’indagine, presentata al recente convegno dell’American Astronomical Society, è stata curata da due ricercatori del Dipartimento di Astronomia e Astrofisica della Pennsylvania State University e al momento è disponibile in anteprima sulla piattaforma arxiv.org (articolo: “X-ray Super-Flares From Pre-Main Sequence Stars: Flare Energetics And Frequency”).
Nello specifico, l’osservatorio Chandra è stato impiegato per realizzare una nuova mappatura – relativa ai processi di formazione stellare – che contiene 24mila astri singoli da 40 differenti regioni. Lo studio da essa derivato evidenzia il collegamento tra le eruzioni stellari particolarmente violente, prodotte da baby astri, e l’evoluzione dei pianeti ad essi circostanti e ancora in formazione. Gli scienziati, all’interno di questa vasta messe di dati, hanno identificato oltre un migliaio di stelle giovani che sono state in grado di emettere flare largamente più vigorosi di quello da record registrato nel XIX secolo per il Sole (il ‘Solar Carrington Event’, risalente al 1859). In queste violente eruzioni gli astrofisici hanno individuato due sottoinsiemi: i super-flare (almeno 100mila volte più potenti del Carrington Event) e i mega-flare (fino a 10 milioni di volte più energetici).
Le due immagini in alto mostrano due regioni in cui la formazione stellare è molto attiva: la Nebulosa Laguna (Lagoon Nebula) e, a destra, Rcw 120. La prima area si trova a circa 4400 anni luce di distanza dalla Terra e ospita una giovane e attiva stella dal nome in codice di Lagoon 180402.88−242140.0: essa è stata capace di emettere un flare che è durato circa tre ore e mezzo e che è stato più violento di 250mila volte rispetto al Carrington Event. Rcw 120, invece, si trova ad una distanza di 5500 anni luce e presenta una vasta bolla di idrogeno che potrebbe spazzare via il materiale in un denso guscio e innescare successivamente processi di formazione stellare.
Le vigorose eruzioni osservate da Chandra per questa mappatura si sono verificate in tutte le aree in cui nascono nuovi astri e tra le stelle giovani, anche con masse differenti. Gli scienziati hanno documentato i brillamenti in tutte le varie fasi evolutive dei baby astri, a partire da quando sono pesantemente avvolti da polveri e gas e circondati da ampi dischi di formazione planetaria, sino al momento in cui si affacciano alla vita nuovi pianeti e i dischi non sono più presenti. Nel corso degli ultimi vent’anni, i ricercatori sono stati convinti che queste gigantesche eruzioni giochino un ruolo nell’evoluzione dei pianeti, dando o togliendo qualcosa. Da esse, infatti, può derivare la formazione di ciottoli e altri materiali rocciosi di piccole dimensioni, elementi cruciali per la formazione dei pianeti; ma può anche derivare qualche fenomeno che toglie loro qualcosa, come l’atmosfera che può essere spazzata via dalle radiazioni.