Un buco nero supermassiccio al centro di una galassia ha la capacità di influenzare l’evoluzione delle galassie satelliti, dunque la presenza maggiore o minore di stelle al loro interno.

Questa è la conclusione alla quale è arrivato un recente studio dell’Instituto de Astrofísica de Canarias che ha esaminato i dati di oltre 124 mila galassie satelliti, ossia che orbitano intorno ad un’altra galassia di maggiori dimensioni per attrazione gravitazionale. Le osservazioni sono una prima evidenza del ruolo decisivo che avrebbero i buchi neri nel regolare l’evoluzione delle galassie, come dei veri e propri interruttori galattici. Base fondamentale della nostra attuale comprensione dell’Universo su cui le previsioni teoriche si poggiano, tuttavia non stabile, continuamente in discussione a causa della difficoltà di trovare osservazioni a suo sostegno.

Ignacio Martín Navarro, primo ricercatore dello studio, ha rilanciato la sfida teorica: prima ha abbracciato il modello predittivo condiviso per cui un buco nero quando cresce, genera energia sufficiente per riscaldare e scacciare il gas all’interno della galassia ospite e oltre essa a grandi distanze; in seguito, si è chiesto se questa onda energetica possa alterare l’evoluzione non solo della galassia che lo ospita, ma anche delle galassie satelliti intorno ad essa, quindi a distanze decisamente maggiori.

Studiando i dati d’archivio della Sloan Digital Sky Survey, la maggiore survey ottica di galassie mai completata, il team ha individuato oltre 124 mila galassie satelliti, collocate in pozzi potenziali di 29.631 aloni, ossia le strutture in cui si distribuisce la materia oscura nello spazio galattico circostante, analizzandone le proprietà suddividendo le galassie in migliaia di gruppi e ammassi. La ricerca ha scoperto che l’evoluzione delle galassie risulta influenzata dalla loro costante interazione con lo spazio che circonda le galassie centrali attorno a cui esse orbitano. Spazio che può essere, a sua volta, influenzato dal gas e dall’energia espulsi dal buco nero supermassiccio centrale.

Utilizzando una simulazione cosmologica dell’Universo chiamata Illustris-TNG, che permette di gestire l’interazione tra buchi neri centrali e le loro galassie d’appartenenza, è stato scoperto che le galassie satelliti spente sono relativamente meno frequenti quando collocate lungo l’asse minore delle loro galassie centrali.

Questa risulta essere un’osservazione controintuitiva rispetto alla teoria condivisa, secondo cui l’attività dei buchi neri dovrebbe espellere massa ed energia preferenzialmente nella direzione dell’asse minore della galassia ospite, dove dunque dovrebbero crearsi condizioni più sfavorevoli per la nascita di stelle nelle galassie satelliti.

La ricerca ha individuato nell’accoppiamento tra buco nero e la galassia ospite la causa di questo fenomeno inaspettato, per cui la distribuzione della materia espulsa dal centro galattico, e la successiva influenza sullo spazio galattico, dipenderebbe dal feedback che gli aloni massicci galattici forniscono una volta inondati dall’espulsione energetica dal centro galattico.
I flussi in uscita alimentati dai nuclei galattici attivi ripuliscono lo spazio galattico e riducono la pressione ram, ossia un “vento”, molto simile a quello sperimentato da un ciclista in movimento, che, se abbastanza forte da superare il potenziale gravitazionale della galassia, potrebbe innescare il fenomeno definito “Ram Pressure Stripping“, ossia lo spazzare via da una galassia il gas materia fondamentale per il processo della nascita di protostelle. L’interazione tra buco nero e aloni galattici preserva così la formazione stellare nelle galassie satelliti lungo l’asse minore della galassia ospite.

«Non solo possiamo osservare gli effetti dei buchi neri centrali sull’evoluzione delle galassie, ma la nostra analisi apre la strada per capire i dettagli dell’interazione” conclude Ignacio Martín Navarro.

Crediti immagine in evidenza: Gabriel Pérez Díaz, SMM (IAC) and Dylan Nelson (Illustris-TNG)