È il pianeta più piccolo e interno del Sistema Solare ed è noto per la sproporzione tra il suo nucleo e la sua massa: si tratta di Mercurio, protagonista di un nuovo studio mirato ad analizzarne le origini.

La ricerca, accettata per la pubblicazione su Icarus, è disponibile in anteprima sulla piattaforma arxiv.org (articolo: “Mercury’s formation within the Early Instability Scenario”) ed è stata coordinata dalla Carnegie Istitution for Science.

Gli studiosi si sono basati essenzialmente su simulazioni informatiche, uno strumento molto utilizzato per analizzare le origini del nostro sistema planetario. Tuttavia, secondo gli autori del saggio, le attuali simulazioni incontrano delle difficoltà quando hanno a che fare con i pianeti rocciosi del Sistema Solare interno, Mercurio in primis.

Il team della ricerca ritiene che per comprendere i processi di formazione di questi pianeti – e le peculiarità di Mercurio – occorre tenere presente il ruolo dei loro ‘colleghi’ giganti del Sistema Solare esterno. Nelle simulazioni effettuate, relative quindi agli albori del Sistema Solare, il gruppo di lavoro ha ipotizzato la presenza di un disco proto-planetario costituito da gas e polveri in cui si celavano dozzine di planetesimi; questi piccoli corpi celesti, nel corso del tempo, sarebbero entrati in collisione e si sarebbero fusi per dare origine ai pianeti.

Gli astronomi pensano che il bordo interno di questo disco proto-planetario, probabilmente, non era molto ricco di materiali. Inoltre, all’epoca, i pianeti giganti non si trovavano nelle orbite in cui li vediamo oggi: la loro attuale posizione è frutto di una migrazione. Questi movimenti hanno prodotto una destabilizzazione della parte interna del disco, asportando ulteriore materiale.

Partendo da questo scenario, il team ha provato a ricostruire le origini di Mercurio. Dopo l’arrivo dei ‘pesi massimi’ del Sistema Solare, il poco materiale rimasto è stato coinvolto in una serie di ‘tamponamenti’ che avrebbero prodotto un accumulo di elementi pesanti. Da questo affastellamento si sarebbe formato il grande nucleo di Mercurio.

La simulazione, secondo gli studiosi, riesce a spiegare le ampie dimensioni del ‘cuore’ di questo pianeta, ma è carente per quanto riguarda la massa, il cui valore è calcolato in proporzione al nucleo ed è superiore rispetto a quello reale.

Restano comunque degli interrogativi aperti sulla natura di Mercurio: gli astronomi pensano che, per future ricerche, sia necessario considerare maggiormente le proprietà chimiche del disco proto-planetario e l’ambiente soggetto a intense radiazioni in cui si trova il pianeta.

In alto: Mercurio visto dalla sonda Messenger della Nasa (Crediti: Nasa/Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory/Carnegie Institution of Washington)