Le caratteristiche di Urano e Nettuno – i due giganti ghiacciati del Sistema Solare – sono al centro di uno studio dell’Arizona State University, pubblicato su Nature Astronomy.
I ricercatori hanno ricreato la temperatura e la pressione degli strati interni dei due pianeti e così facendo hanno acquisito una maggiore comprensione della chimica delle loro acque profonde. Gli scienziati ritengono che Urano e Nettuno abbiano strati separati distinti costituti da un’atmosfera ghiacciata, un mantello roccioso e un nucleo metallico. Nel corso dello studio i ricercatori hanno rivolto la loro attenzione alla possibile reazione che avviene tra l’acqua e la roccia situata nelle profondità dei due pianeti.
«Abbiamo ampliato la conoscenza delle profondità interne di questi giganti ghiacciati e abbiamo determinato alcune delle possibili interazioni acqua-roccia in condizioni estreme – afferma Taehyun Kim, autore principale del paper – Urano e Nettuno insieme ad alcune tipologie di pianeti extrasolari hanno strati d’acqua molto profondi a differenza dei pianeti terrestri».
Per imitare le condizioni degli strati d’acqua profonda su Nettuno e Urano, il team ha prima immerso nell’acqua i tipici minerali che formano le rocce, olivina e ferropericlasi, e in seguito ha compresso i campioni in un’incudine di diamante a pressione molto elevata. Successivamente i ricercatori hanno effettuato misurazioni a raggi X per monitorare la reazione tra i minerali e l’acqua, mentre un laser riscaldava i campioni ad alta temperatura.
La reazione chimica sperimentata ha portato ad alte concentrazioni di magnesio nell’acqua. Sulla base di questi risultati, il team ha concluso che gli oceani su pianeti ricchi di acqua potrebbero non avere le stesse proprietà chimiche dell’oceano terrestre e l’alta pressione renderebbe quelle acque ricche di magnesio. Queste caratteristiche possono fornire una spiegazione sulle temperature estremamente basse dell’atmosfera di Urano se confrontate con quella di Nettuno: il magnesio presente nell’acqua di quest’ultimo, potrebbe impedire al calore di fuoriuscire dall’interno verso l’atmosfera, comportandosi come una sorta di coperta termica.
Questo genere di esperimenti potrà essere utile anche a chi si occupa di pianeti extrasolari, in particolare di quelli sub-nettuniani, con raggio e massa inferiore a quella di Nettuno. Nelle prossime fasi dello studio i ricercatori continueranno a sperimentare diversi livelli di pressione e temperatura per scoprire di più sulla composizione dei due pianeti.