Acqua e ossigeno sulla Luna? Possibile grazie alla regolite. È quanto annunciato dal Politecnico di Milano a valle di un test sperimentale condotto in collaborazione con OHB-Italia.

Negli ultimi anni molti sforzi internazionali hanno un grande comune traguardo: riportare l’Uomo sulla Luna e porre le prime basi per la sua abitabilità.

Il programma lunare Artemis, siglato dalla NASA con diversi partner tra i quali anche l’Italia, viaggia su questa strada. Il suo obiettivo: entro il 2024 permettere alla prima donna e al prossimo uomo di permanere a lungo in orbita e sulla superficie lunare.

Attraverso la sinergia tra agenzie spaziali, mondo imprenditoriale e ricerca universitaria, si vuole sviluppare la  capacità di estrarre risorse in loco e di trasformarle in prodotti e servizi utili: in una parola ISRU, in situ resource utilisation.

Il sistema messo a punto dal Politecnico di Milano, con la collaborazione di OHB-Italia e l’importante contributo dell’Agenzia Spaziale Italiana, è una tecnologia dimostrativa che permette l’estrazione dell’ossigeno dalla regolite, l’insieme dei sedimenti che compongono lo strato più esterno della superficie lunare contenente minerali che si trovano anche sulla Terra.

L’ossigeno è ottenuto sottoponendo una sabbia che simula il suolo polare lunare a elevatissime temperature all’interno di una fornace il cui funzionamento è spiegato da Michèle Lavagna, docente del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Aerospaziali del Politecnico di Milano:

«Nell’interazione dei gas metano e idrogeno con gli ossidi che ci sono nella sabbia lunare si ottiene il passaggio di testimone; l’ossigeno si attacca alle particelle di carbonio e viene trasportato fuori dalla fornace come anidride carbonica o ossido di carbonio».

Ottenuto il primo elemento fondamentale per la vita umana sulla Luna, il sistema è in grado di produrre acqua: «Una volta che il gas esce ad alta temperatura viene portato a un secondo stadio a una temperatura più bassa per poter elaborare l’ossigeno questa volta accompagnato al carbonio in modo da trasferirlo all’idrogeno e trasformarlo in acqua».

Una tecnologia dimostrativa che ambisce a diventare a tutti gli effetti operante sulla Luna e adottabile da future missioni, ma che prima dovrà superare altre due prove fondamentali, come spiega Simone Pirrotta di ASI: «Inizialmente si dovrà fare un test di validazione di un dimostratore del dispositivo, operante questa volta sulla superficie lunare; successivamente, una dimostrazione end-to-end, verificando quindi le prestazioni di un dispositivo completo nel corso di una missione lunare».

Alla base di queste prime tecnologie non vi solo è l’ambizione di abitare la Luna, ma di farlo in modo sostenibile, liberando le future basi lunari dall’uso di sistemi a circuito aperto che richiedono continui rifornimenti dalla Terra. Allo stesso tempo l’acqua sarà la base di uno sviluppo delle attività umane sulla Luna: «L’acqua, quindi i suoi elementi costituenti ossigeno e idrogeno, – continua Simone Pirrotta – ha potenziali applicazioni ulteriori a supporto della esplorazione, dal suo utilizzo per ottenere propulsione, alla generazione di energia elettrica, dal raffreddamento alla schermatura degli habitat».

«L’Italia è alla frontiera, – dichiara Roberto Aceti, Amministratore delegato OHB-Italia – è avanti su queste tematiche e noi siamo confidenti che nei prossimi anni raggiungeremo il risultato sperato: portare l’Italia tra le grandi nazioni protagoniste dell’esplorazione spaziale».