Nuovo ritorno in grande stile per la Crew Dragon. Nella notte del 2 maggio l’equipaggio a bordo della navetta di SpaceX è tornato in sicurezza sul nostro pianeta con uno splashdown nel Golfo del Messico, dopo cinque mesi e mezzo trascorsi sulla Stazione Spaziale Internazionale – di cui un’ultima settimana parecchio affollata. È il secondo ammaraggio in meno di un anno dai tempi del programma Apollo, dopo lo storico successo della missione Demo-2 lo scorso agosto. E visto che l’azienda di Elon Musk non fa che collezionare primati, quello di ieri è stato anche il primo splashdown notturno dai tempi della missione lunare Apollo 8 nel 1968.

Il ritorno dell’equipaggio della Crew-1, composto da Michael Hopkins, Victor Glover e Shannon Walker della Nasa e da Soichi Noguchi della Jaxa, ha segnato così il successo della prima missione completamente operativa sulla Iss a bordo di un veicolo privato. Una svolta epocale, che ha inaugurato un nuovo taxi verso la casa spaziale oltre alla Soyuz russa.

Ma se SpaceX ha restituito agli Stati Uniti l’autonomia dalla Russia in materia di volo umano, ha anche aperto una nuova porta d’accesso internazionale allo spazio. Se contiamo anche l’equipaggio della Crew-2 giunto sulla Iss a fine aprile, SpaceX ha infatti oggi all’attivo lanci che rappresentano le agenzie spaziali statunitense, giapponese ed europea. La grande assente è proprio la Russia, che al momento resta ancorata alla sua Soyuz. Nonostante mesi di negoziati in corso, Nasa e Roscosmos non hanno ancora trovato un accordo su un sistema di scambio di posti per i viaggi verso la Iss. Sarà il tempo a stabilire se a rallentare i negoziati siano semplici questioni burocratiche o disaccordi sostanziali.

Quel che ormai sembra certo è che l’ultra ventennale collaborazione tra Stati Uniti e Russia pare destinata a esaurirsi in orbita bassa: Nasa e Roscosmos hanno entrambe come prossimo obiettivo la Luna, ma in squadre diverse. Chissà che il mancato accordo sulla Iss non sia un primo segnale di una nuova corsa allo spazio.