Si avvicina la partenza del James Webb Space Telescope, erede di Hubble, l’osservatorio spaziale più potente mai costruito realizzato grazie a una collaborazione tra la Nasa, l’Esa e l’Agenzia Spaziale Canadese. Mentre negli Stati Uniti vengono completati gli ultimi test sull’enorme struttura – dalle dimensioni di un campo da tennis – la comunità scientifica ha appena finito di organizzare le osservazioni che saranno effettuate dal telescopio una volta operativo. Il telescopio, che vanta uno specchio segmentato di 6,5 metri di diametro, dedicherà la maggior parte del suo tempo ai programmi di tipo “General Observer”, una serie di progetti proposti dalla comunità astronomica di tutto il mondo per studiare stelle e pianeti lontani, nonché galassie lontanissime, le prime ad essersi formate nella storia dell’universo. Nel primo ciclo di operazioni, questi programmi ammonteranno a circa 6000 ore, ovvero 250 giorni.
Il processo di selezione è estremamente competitivo: delle 1172 proposte ricevute alla fine dello scorso anno, solo 266 sono state approvate. Meno di una su quattro. Alla guida di un terzo delle proposte selezionate vi sono ricercatori e ricercatrici di paesi membri dell’Esa e tra esse, nove hanno un principal investigator che lavora in Italia. Sette di loro, in forza all’Istituto Nazionale di Astrofisica, utilizzeranno Jwst per studiare: le nane brune, corpi a metà tra pianeti e stelle; la nascita di stelle in ambienti “estremi”; l’origine dei potenti getti di materia durante la formazione stellare; come si formano le galassie più massicce dell’universo; il ruolo dei buchi neri supermassicci nell’evoluzione galattica; e la prima generazione di stelle del cosmo.
«È un traguardo importante per la comunità astronomica italiana – commenta Adriano Fontana, responsabile della divisione nazionale abilitante dell’astronomia ottica ed infrarossa dell’Inaf – si tratta della prima opportunità per affrontare obiettivi scientifici disparati – dalla nascita dei pianeti intorno ad altre stelle fino alla formazione delle prime stelle e galassie all’alba del cosmo – con i potenti strumenti di Jwst»
Altri due tra i programmi selezionati sono guidati da ricercatori dell’Università di Milano-Bicocca e della Scuola Normale Superiore di Pisa. Inoltre, numerosi ricercatori e ricercatrici dall’Italia, in gran parte impegnati presso l’Inaf, partecipano come co-investigator a oltre 40 dei programmi prescelti, per un totale di circa 1570 ore di osservazione, circa un quarto del tempo totale dedicato ai programmi “General Observer”.
Fontana aggiunge: “Oltre ai sette programmi con principal investigator Inaf, l’istituto vede numerosi co-investigator coinvolti in oltre 40 programmi. Tra essi figurano anche 4 dei 7 programmi ‘large’, che si sono aggiudicati tra 100 e 200 ore di osservazione ciascuno, per studiare galassie vicine, lontane e lontanissime, e comprendere la loro evoluzione attraverso le ere cosmiche.”
«Siamo anche coinvolti in 4 dei 13 programmi di Early Release Science, le primissime osservazioni che saranno condotte durante i primi cinque mesi delle operazioni scientifiche per iniziare a confrontarsi con i dati di Jwst». La selezione, che ha coinvolto circa 200 membri della comunità scientifica internazionale in qualità di revisori, è stata realizzata con successo in modalità anonima, senza che i revisori conoscessero l’identità dei proponenti, per ridurre l’impatto di eventuali bias inconsci e garantire un processo il più inclusivo possibile.
Jwst lascerà la California in estate, in nave, alla volta della Guyana Francese, dove il 31 ottobre sarà lanciato a bordo di un razzo Ariane 5. Una volta nello spazio, le prime sei settimane saranno dedicate alla complessa coreografia di dispiegamento delle varie componenti dell’osservatorio, mentre questo proseguirà il suo viaggio verso l’orbita operativa, un milione e mezzo di chilometri dalla Terra. Seguiranno sei mesi di collaudo ed infine, a 2022 inoltrato, si potrà dare inizio alle osservazioni.