È il più grande telescopio Cherenkov con ottica Schwarzschild-Couder finora realizzato, composto da due grandi specchi di 9,7 e 5,4 metri di diametro e una tecnologia made in Italy.
Stiamo parlando di Prototype Schwarzschild-Couder Telescope (pSct), il prototipo di telescopio di nuova generazione con ottica a doppio specchio proposto per il futuro osservatorio a terra Cherenkov Telescope Array (Cta).
Inaugurato nel 2019 presso l’Osservatorio Veritas, in Arizona, pSct ha registrato nei primi mesi del 2020 il suo primo segnale di raggi gamma, fotoni ad altissima energia, provenienti dalla Nebulosa del Granchio – ciò che rimane dell’esplosione di una grande stella distante 6.500 anni luce da noi, avvenuta nel 1054 d.c., e sorgente di fotoni energetici estremamente luminosa, spesso usata in astronomia anche come sorgente di calibrazione.
Un risultato, questo, reso possibile anche grazie alle soluzioni tecnologiche innovative sviluppate in Italia, dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) e dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn). I dati acquisiti dal telescopio sono stati elaborati da un team internazionale di scienziati di cui fanno parte anche ricercatori Inaf e Infn. I risultati di questa prima campagna osservativa di pSct, già presentati alla comunità scientifica a giugno 2020, sono oggi disponibili e discussi in dettaglio in un articolo scientifico disponibile in preprint su arxiv.org.
Valerio Vagelli, ricercatore presso la Direzione Scienza e Ricerca dell’Agenzia Spaziale Italiana, associato Infn e contributore dell’articolo, ci spiega nel dettaglio le potenzialità e gli sviluppi futuri del telescopio.
Perché queste campagne di osservazione sono rilevanti? Cosa ci permettono di osservare?
Con più di 100 telescopi dislocati su due siti, uno nel semisfero australe e uno nel semisfero boreale, Cta è il futuro osservatorio a terra di telescopi a Imaging Cherenkov per lo studio dell’astrofisica gamma ad altissime energie. I telescopi di Cta riveleranno il flash di luce ultravioletta Cherenkov prodotto dalle interazioni dei fotoni di alte energie con l’atmosfera terrestre, utilizzando quindi una tecnica di rivelazione “indiretta” di questi messaggeri del cosmo. Cta ricoprirà un ruolo fondamentale per l’esplorazione dei fenomeni più energetici del nostro Universo, fornendo informazioni complementari a quelle accessibili dagli osservatori e rivelatori operati nello spazio. pSct è il più grande telescopio “Schwarzschild-Couder” ad oggi realizzato, disegnato con una ottica basata su due specchi, una tecnologia che permette di focalizzare le immagini dei flash ultravioletti su una camera ad area ridotta ed equipaggiata con sensori ottici avanzati, chiamati fotomoltiplicatori al silicio. Dopo la sua inaugurazione a gennaio 2019, la rivelazione da parte di pSct della Nebulosa del Granchio rappresenta un risultato importante per la definizione di questa tecnologia, in quanto è la prima conferma “sul campo” che tale tecnologia può essere utilizzata su grande area per la costruzione di telescopi per l’osservatorio Cta.
Qual è stato il contributo scientifico, tecnologico e industriale italiano al programma pSct?
Il ruolo della comunità scientifica italiana è stato fondamentale per il successo delle osservazioni del telescopio pSct. Gli specchi di pSct sono stati prodotti proprio in Italia grazie agli sviluppi tecnologici sviluppati dall’Inaf in collaborazione con realtà industriali italiane. I fotomoltiplicatori a silicio, ovvero gli “occhi” della camera di pSct, sono stati sviluppati e prodotti dalla Fondazione Bruno Kessler (Fbk) di Trento in collaborazione con Infn. L’Infn ha infine anche contribuito allo sviluppo della camera stessa, dell’elettronica di lettura della camera e allo sviluppo del software di analisi dati. Il contributo scientifico, tecnologico e industriale italiano al programma pSct è un chiaro esempio del ruolo determinante che il know-how italiano può avere nel contesto di collaborazioni scientifiche internazionali.
Al momento parliamo di un prototipo. Quali saranno i prossimi passi per la definizione dei telescopi Sct nella realizzazione dell’osservatorio Cta? E cosa ci si aspetta di osservare in futuro?
Ad oggi la camera di pSct è equipaggiata con solamente 1.600 sensori rispetto ai 11.328 sensori previsti nella camera intera. Come primo obiettivo, la collaborazione pSct sta quindi lavorando per potenziare le performance del telescopio con upgrades della strumentazione e con il goal di completare l’intero piano della camera con i sensori mancanti. Al termine di questa operazione, pSct sarà operativo al massimo delle sue potenzialità e potrà continuare a osservare il cielo gamma, producendo nuovi risultati scientifici e confermando la maturità della tecnologia in questa configurazione. L’obiettivo finale sarà quindi quello di introdurre nell’osservatorio Cta, oltre ai più di 100 telescopi già previsti ed in costruzione, almeno 10 telescopi Sct basati su questa tecnologia, in maniera da aumentare sensibilmente le performance dell’intero osservatorio. I telescopi Sct saranno quindi uno degli attori principali dell’osservatorio Cta, che osserverà ed esplorerà i fenomeni più estremi ed energetici del Cosmo per dare risposta a domande ancora aperte e di frontiera della ricerca astrofisica ad altissime energie.
La collaborazione Sct è composta da un consorzio internazionale di università americane, istituti tedeschi, messicani e giapponesi e, per l’Italia, dall’INAF e dall’INFN, che finanziano il progetto assieme alla National Science Foundation americana.