A più di 40 anni dal lancio, le sonde Voyager continuano a fare scienza. Un nuovo studio – guidato dall’Università dello Iowa – ha riportato il primo rilevamento di esplosioni di elettroni nei raggi cosmici, accelerati da onde d’urto originate da grandi eruzioni solari. Le due sonde, che stanno viaggiando nello spazio interstellare, sono i primi veicoli spaziali a registrare tale fenomeno in questo particolare ambiente. 

Secondo i dati raccolti, questi elettroni si muovono lungo le linee del campo magnetico nel mezzo interstellare. Nello specifico, le particelle viaggiano quasi alla velocità della luce, circa 670 volte più veloci delle onde d’urto che inizialmente le hanno spinte. Le esplosioni sono state seguite da oscillazioni dell’onda di plasma, causate da elettroni a bassa energia che sono stati captati dagli strumenti delle Voyager nei giorni successivi. 

Le onde d’urto sono emanate dalle Coronal Mass Ejection (Cme), ovvero delle espulsioni improvvise e velocissime di una notevole quantità di gas altamente ionizzato (il plasma) dagli strati esterni dell’atmosfera del Sole (la corona solare) verso lo spazio interplanetario. Anche se queste espulsioni viaggiano a velocità elevate, è necessario comunque più di un anno prima che le onde d’urto possano raggiungere le sonde. 

«Abbiamo osservato cosa succede quando l’onda d’urto entra per la prima volta in contatto con le linee del campo magnetico interstellare che passa attraverso il veicolo spaziale, riflette e accelera alcuni degli elettroni dei raggi cosmici – afferma Don Gurnett, uno degli autori dello studio – Abbiamo identificato attraverso gli strumenti gli elettroni che sono stati riflessi e accelerati da shock interstellari, propagati verso l’esterno dalle espulsioni coronali».

La scoperta potrebbe aiutare gli scienziati a comprendere meglio il processo che coinvolge le onde d’urto e le radiazioni cosmiche provenienti dai flare delle stelle. La conoscenza di questi fenomeni sarà di cruciale importanza per le missioni spaziali del futuro, che vedranno gli astronauti impegnati in lunghi viaggi, durante i quali potrebbero sperimentare una notevole esposizione alle radiazioni nocive. 

Gli scienziati ritengono che gli elettroni nel mezzo interstellare siano riflessi da un campo magnetico rafforzato al bordo dell’onda d’urto e successivamente accelerati proprio dal movimento dell’onda d’urto. Gli elettroni riflessi si muovono a spirale lungo le linee del campo magnetico interstellare, guadagnando velocità con l’aumentare della distanza tra essi e lo shock.

«Abbiamo osservato un processo simile anche all’interno del vento solare  – conclude Gurnett – ma è la prima volta che lo rileviamo nel mezzo interstellare, un ambiente ancora in parte sconosciuto che grazie ai dati delle Voyager stiamo iniziando a scoprire».